Il futuro dei portatori di handicap mentale, giovani o già adulti fa paura: quello che si desidera per loro — un luogo dove possano continuare a vivere come in famiglia — è ancora quasi sconosciuto, nonostante alcune iniziative di questo tipo già realizzate e che non hanno tuttavia posti disponibili.
Molte le difficoltà nell’immaginare e nell’’inventare qualcosa, sia per quelli più gravemente colpiti (incapaci totalmente di autonomia personale) sia per quelli più vicini alla normalità ma ugualmente incapaci di vivere da soli.
Mille domande si pongono ai genitori desiderosi di preparare per i figli «qualcosa dove possano vivere dopo di loro»:
- A chi affidare le loro vite e dove?
- Chi potrà amarli ed aiutarli come noi? Chi potrà proteggerli da tanti pericoli?
- Chi potrà capire quelle loro sofferenze così difficilmente esprimibili da loro?
- Come vivranno il passaggio dalla vita in famiglia, abituati come sono alla loro casa, alla loro camera, ai loro oggetti, ai volti dei familiari?
- Chi sarà accanto a loro per aiutarli a vivere senza il nostro appoggio, il nostro amore incondizionato?
E così, ponendosi domande per le quali non esistono risposte sicure, la maggior parte dei genitori vive questa attesa con angoscia, rimanda e rimuove il problema, lo allontana; i genitori si difendono così da questo assillo che occupa le loro notti…
Ne parlano attorno a loro, si lamentano sotto il peso di questo futuro così incerto e continuano a vivere la vita di ogni giorno, incapaci di trovare soluzioni.
C’è chi ha tentato di bussare alle porte dei «potenti», degli addetti a lavori, di chi forse potrebbe…
Ma le risposte non vengono; queste angosce sembrano non interessare. Ma anche chi sembra interessato, contribuisce anche lui a rendere la muraglia ancor più insormontabile, trincerandosi e difendendosi con slogan tipo: «Ci vogliono tanti soldi!», «Ci vogliono le strutture!», «Ci vuole personale motivato e preparato!», frasi evidenti quanto inutili perché fatte solo di parole.
A Ombre e Luci, l’eco di questo problema risuona potentemente sia al nostro telefono (dal nord, dal sud, ora è una mamma molto stanca, ora una sorella disperata…), sia nel nostro cuore.
Per rispondere a questa eco, abbiamo raccolto gli indirizzi dei luoghi che abbiamo visitato o conosciuto, i colloqui avuti,le chiamate urgenti; il tutto ci ha dato chiara l’idea che non si può più aspettare.
La situazione si sta facendo sempre più drammatica:
- i posti a disposizione negli istituti non ci sono, né per i gravi né per i lievi;
- le poche comunità alloggio o case famiglia, sorte con l’intento di essere di piccole dimensioni, hanno riempito in breve tempo i posti a disposizione al loro interno;
- i genitori, mentre si fanno più anziani, sono più stanchi e meno capaci di organizzarsi, di mettersi insieme, di avere fiducia;
- i ragazzi handicappati, divenuti adulti, cominciano a intuire il problema e vivono l’angoscia dei loro genitori con il risultato, a volte, di un regresso, di chiusure, di forme di autismo o di aggressività, inspiegabili perché nuove e sconosciute a chi li ha avuti vicini da sempre.
L’esigenza di un luogo dove far vivere il proprio figlio incapace di vivere da solo, è una realtà, dura e difficile da realizzare ma è una esigenza legittima che richiede una soluzione inderogabile.
Che cosa fare? Come dare una mano?
In questo numero vogliamo offrire il nostro aiuto, limitato e non esauriente.
Ci siamo proposti solo pochi obiettivi, almeno per cominciare. E un contributo che, sappiamo, non accontenterà i genitori che si aspettano da subito una risposta concreta.
Abbiamo cercato qui di fare il punto della situazione, di rispondere ad alcune domande che ci sono state fatte in più occasioni, di dare alcuni suggerimenti e orientamenti, di offrire alcuni consigli pratici, di presentare alcuni esempi di case famiglia o comunità alloggio esistenti o in via di costituirsi . Diamo anche l’elenco delle Associazioni o Fondazioni che si occupano del problema e stralci della Legge quadro sull’handicap (non ancora approvata) e della legge sul volontariato che mostrano l’interesse dello Stato almeno a livello legislativo.
Non ci resta, per ora, che offrivi il nostro lavoro, con la speranza che possa servire a qualcuno, se non altro per cominciare a preparare il terreno.
– Mariangela Bertolini, 1991
Nata a Treviso nel 1933, insegnante e mamma di tre figli tra cui Maria Francesca, Chicca, con una grave disabilità.
È stata fra le promotrici di Fede e Luce in Italia. Ha fondato e diretto Ombre e Luci dal 1983 fino al 2014.
Tutti gli articoli di Mariangela
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.35, 1991
Sommario
Editoriale
Il dopo di noi di M. Bertolini
Articoli
Domande e risposte sul domani dei nostri figli
Possiamo fare qualcosa noi genitori?
5 Esempi di comunità-alloggio a cura di N. Shulthes
"Ancora": l'avvio di una casa-famiglia di Sergio Sciascia
Rubriche
Libri
Una vita possibile di AA.VV.
Effatà, apriti di C. M. Martini
La comunità, luogo del perdono e della festa di J. Vanier