Ormai da molti anni trascorro parte delle vacanze con le persone handicappate. Le incontro ai campeggi di Fede e Luce. Ma prima ancora che Fede e Luce venisse in Italia, la mia famiglia già passava le vacanze in modo diverso. Il papà e la mamma dovevano infatti conciliare i miei bisogni con quelli di Chicca, mia sorella maggiore, profondamente colpita.
A casa tutto andava bene: Chicca aveva la sua cameretta e i suoi giocattoli. Io avevo imparato a capire quando potevo stare con lei, e se era calma ero contento di starle accanto. Avevo anche imparato quando invece era meglio lasciarla sola: bastava uno sguardo della mamma e io sapevo di dover uscire. Sentivo poi le grida di Chicca ed il suo particolare modo di piangere. Sentivo mia mamma che, come ogni mamma, cercava in tutti i modi, con dolcezza o con durezza, di farla calmare. Se era in casa, il papà prendeva in braccio Chicca per coccolarla oppure veniva da me a giocare: per distrami, io penso. Se il papà era al lavoro e la situazione era più pesante del solito, la mamma mi mandava al piano di sopra, dalla zia Tea, con una campanella d’argento in mano per farmi aprire: era piccolo e non arrivavo al campanello di casa.
E tutto andava bene. Quella era la mia casa, quella la mia famiglia. Quella era mia sorella: e le volevo bene.
I problemi per me cominciavano quando bisogna uscire, per fare un viaggio, o per andare in vacanza, ad esempio.
In albergo non sempre ci accoglievano calorosamente. Al mare, sulla spiaggia, Chicca mostrava ancora di più la sua fragilità. In montagna invece si stava meglio. Si poteva star soli, lungo il torrente o in qualche prato.
I miei genitori dovevano rendersi conto del disagio che provavo in certe situazioni e fecero di tutto perché io trascorressi comunque una parte delle vacanze senza Chicca. È stato così che gli zii, ora l’uno ora l’altro, hanno preso l’abitudine di invitarmi in vacanza con loro.
Poi, grazie a Chicca, conoscemmo Fede e Luce e dopo un paio di anni ci fu il primo campeggio. Io naturalmente seguii mia madre, Chicca e il nuovo fratellino, ma non mi dispiaceva di partecipare al campeggio: lì c’erano altre persone simili a mia sorella e io ne ero felice. Finalmente una vacanza! Io dormivo addirittura sotto la tenda e nessuno si lamentava per come era Chicca: anzi erano venuti proprio per quello.
Ero in vacanza ma come a casa mia. Mi sentivo protetto dagli sguardi sbigottiti o impressionati delle persone che notavano Chicca.
Leggi anche: Fede e Luce giorno e notte
Ai campeggi allora si poteva anche fare delle passeggiate: con tutti quegli amici mi sentivo più forte, mi davano coraggio: anche loro stavano passando le vacanze con persone ferite.
Ricordo una lunga passeggiata a Scontrone: ci davamo il turno a spingere le carrozzelle o ad aiutare chi camminava male. Era una strada tutta in salita, e il sole batteva forte. Noi cantavamo, contenti del sole, contenti della strada in salita e del panorama. A Scontrone non c’è nulla da vedere e così, arrivati lassù in cima, non ci rimase che sederci su un muretto e, comprato un quintale di ghiaccioli al bar più vicino, cominciammo a sorbirli con piacere. Io non ero affatto calmo. Come sempre, avevo «avvertito» che qualcuno stava guardando male mia sorella. Sulla porta del bar c’erano due bambini con un triciclo rosso. Vedendoci arrivare lasciarono i loro giochi e sgranarono gli occhi davanti a quella compagnia di ragazzi trafelati che combattevano per un ghiacciolo. Forestieri, avranno pensato, e piuttosto strani… anzi qualcuno è proprio molto strano… Per me non esisteva più nulla: c’erano quei due bambini col triciclo che guardavano, guardavano, guardavano.
Guardavano mia sorella…
Mi svegliai come da un sogno sentendo la voce bellissima di Francesca che ci diceva sottovoce: «Forza, in silenzio, guardiamo fissi i due bambini!»…
Fantastico! Due minuti più tardi i bambini scappavano piangendo dentro il bar.
Ecco cosa sono stati per me i primi campeggi. Vacanze con amici che sapevano di me e di Chicca. Amici che mi aprivano ad altri ragazzi come Chicca. Amici che le volevano bene e sapevano come me quando bisognava lasciarla sola.
E non avevano bisogno di spiegazioni.
– Nanni, 1989
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.25, 1989
Sommario
Editoriale
E pagano pure! di Mariangela Bertolini
Articoli
Allora, si parte?! di Rita Ozzimo racconta
Tante bellissime cose di Giuliana Loiudice
Guardavano, guardavano! di Nanni
Al tepore di un amore semplice di Alberto Petri
«Voglio mostrarvi una strada» di P. Louis Sankalé
Come si organizza un campo di Barbara e Chiara
Rubriche
Dialogo aperto
Vita di fede e luce - Un cammino insieme
Le risposte dei parroci al questionario
Libri
Attività creative di Sally M. Atack
Aiutami a giocare di D.M. Jeffree
La Sindrome di Down di Cliff Cunningham