Resterà una vana speranza?
Nello studio di un medico di Bari ho avuto modo di sfogliare alcune pagine della vostra rivista «Ombre e Luci» e mi ha colpito la semplicità e l’immediatezza con cui il problema handicap viene trattato. La grande umanità che così spesso su altre riviste cede il passo alla retorica e all’ipocrisia, nella vostra ricompare in tutta la sua spontaneità.
Sono madre di un cerebroleso di 18 anni, Daniele, che non parla, ha crisi epilettiche quotidiane, una deambulazione stentata, e necessita di essere accudito in tutto il resto. La gravità delle sue condizioni, mi vede quindi tutta protesa al suo servizio e lascia pochissimo spazio per altre cose: qualche distrazione, il rapporto con gli altri, un momento per ritrovarmi. Tuttavia dalla mia solitudine evado con un pensiero di speranza: la possibilità di poter creare nel mio paese, con tutti i genitori di handicappati, una seria associazione per rimuovere la pesante cappa di indifferenza che ci opprime. Diventare inoltre propositivi ed operativi soprattutto, attraverso la progettazione e la realizzazione di una «Comunità per disabili» in cui questi vengano accolti temporaneamente per esigenze familiari di vario tipo. Un esempio: consentire ai genitori di fruire di un periodo di riposo o di cure mediche per un recupero fisico e psichico. Definitiva l’accoglienza sarà poi per quegli handicappati gravi e gravissimi, senza genitori. Resterà una vana speranza, solo un sogno irrealizzabile questa mia evasione? Non so! Spero di trovare anche attraverso le esperienze riportate sulla vostra rivista, una risposta alle mie interrogazioni.
– Maria Carmela Giacobelli
La sua lettera rispecchia il desiderio di molte mamme soprattutto di quelle che vivono in piccoli centri dove i servizi pubblici e privati sono carenti o inesistenti. Le auguriamo di cuore che la sua speranza non resti un sogno, ma trovi amici e persone competenti che le diano appoggio e sostegno. Noi restiamo disponibili per darle indirizzi di realizzazioni già avviate e di associazioni con cui mettersi in contatto.
Suggerimenti tanto utili
Ho conosciuto «Ombre e Luci» nell’agosto scorso sulla spiaggia di Sperlonga (LT), mio paese natale, grazie alla zia di Alessandro, un ragazzo Down di Roma che ha partecipato al campo di Pizzoferrato in luglio.
Si parlava dei problemi di portatori di handicap, delle carenze della struttura pubblica in genere e della totale assenza a Sperlonga e, conseguentemente, di quello che può fare la famiglia in sostituzione di ciò.
Mio nipote Gianfranco di anni sedici e mezzo (figlio di mia sorella, vedova da quando il bambino aveva 2 mesi e il figlio maggiore cinque anni), è affetto da ritardo psichico-motorio dovuto a lesione cerebrale dalla nascita ed è cresciuto facendo lenti ma apprezzabili miglioramenti anno dopo anno, seguito esclusivamente, oltre che da medici privati, dalla famiglia dopo che aveva tentato, invano, di avere un’insegnante di appoggio a scuola. Quando l’ha avuta, è servito a ben poco in quanto non vi era collegamento con l’insegnante della classe, secondo la quale il bimbo doveva essere tenuto a casa perché «disturbava».
La difficoltà più grande è stata e continua a essere naturalmente quella di riuscire a comportarsi nel modo più idoneo nei suoi confronti. Ma questo è abbastanza difficile, non essendoci in famiglia persone qualificate in materia e quindi tutto è andato avanti in base al buon senso e all’improvvisazione della mamma e dei congiunti.
Al proposito ho apprezzato molto la rivista del trimestre Aprile-giugno 87 che la zia di Alessandro gentilmente mi ha passato, in tutto il suo contenuto ed in particolare l’articolo «Come posso insegnarli qualcosa», poiché mi sono resa conto di quanto sarebbe utile e direi addirittura fondamentale per la famiglia avere questi suggerimenti, se non altro per avere delle indicazioni ben precise su come è meglio comportarsi e sul tipo di risposta che si deve aspettare…
La rivista è molto bella: continuate così.
-Elsa Guglietta (Modena)
Grazie per aver scritto
Anche se in ritardo vi invio gli indirizzi di alcuni amici e conoscenti e spero che tutti aderiscano al vostro giornale.
Per quanto mi riguarda la rivista è impostata benissimo. Vorrei sapere se ci sono dei gruppi di Fede e Luce più vicini a noi (cioè nella bergamasca); se sì, vorrei avere l’indirizzo se non dà troppo disturbo.
Vi ringrazio per i momenti di riflessione che attraverso la vostra rivista ho potuto fare nella mia vita di mamma con bambino handicappato. Forse se vi conoscevo prima non avrei avuto i primi tempi difficili con Alessandro, il mio bambino.
Ora viviamo, noi genitori e Alessandro un rapporto di famiglia molto appagante e di questo devo dire grazie anche alle esperienze in prima persona da voi pubblicate.
È la prima volta che scrivo ad una rivista e vorrei scusarmi se non mi sono espressa bene.
-Marta Caldara Moroni
Grazie per gli indirizzi inviatici (speriamo che molti seguano il suo esempio!); grazie per aver avuto il coraggio di scrivere la sua prima lettera ad una rivista. Chiediamo ai responsabili delle Comunità Fede e Luce della Lombardia di mettersi in contatto con la sua famiglia per accogliervi in una delle loro comunità.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.23, 1988
Sommario
Articoli
E aspettò che ci accorgessimo di lui! di V. Palmisano
Il posto di mia figlia nella Chiesa di Monica Varoli
L’educazione alla fede dei nostri figli con h.m. di H. Bissonier
Come fare l’educazione religiosa di H. Bissonier
Esperienza di preparazione di ragazzi h.m. all’eucarestia e cresima di A. M. Conte
A braccia aperte di C. d'Ermitanis
Che cosa può fare la comunità parrocchiale per le persone con handicap
Rubriche
Dialogo Aperto
Vita Fede e Luce