Alle Comunità di « Fede e Luce », in particolare a quanti ho avuto il piacere di incontrare nell’indimenticabile pellegrinaggio pasquale, a Lourdes, rivolgo un saluto con affetto nel Signore.

Conservo il più grato ricordo di quelle luminose giornate. È stata, per me, tra le più emozionanti celebrazioni della passione e della risurrezione del Signore.

La « via crucis » e il Calvario sono parte essenziale di Lourdes, perfino del paesaggio; ma il punto centrale, di convergenza, è la grotta, da dove l’Immacolata Regina del Cielo disse alla sua piccola confidente Bernardetta, e continua a ripetere ad innumerevoli sofferenti nel corpo e nello spirito, anelanti ad un suo sguardo e ad una sua parola di madre: « non ti farò felice in questo mondo, ma nell’altro ».

Non che chieda di disprezzarlo, questo mondo; non che non comprenda e non assecondi, tante e tante volte, il nostro umano desiderio di passarvi in pace i nostri pochi giorni! Fu proprio Lei a premurarsi di impettare niente-meno che un miracolo — il primo miracolo operato da Gesù — perché non venisse turbata da un piccolo incidente una festa nuziale. Ma se il Figlio di Dio è venuto in questo mondo aveva ben altro da prometterci ed offrirci che lasciarci godere tranquillamente una festicciola di tanto breve durata! È venuto a prometterci e ad offrirci la sua stessa vita immortale: ciò che dà senso e speranza al fugace ed inquieto nostro soggiorno quaggiù.

Altro che « oppio » o vana illusione o forzata rinuncia! È la « speranza viva » fondata in Cristo risorto, dice l’Apostolo Pietro: la speranza di una eredità sicura, che non va in rovina e non marcisce, preparata per noi, mentre Dio ci custodisce nella fede con la sua potenza fino a quando ci darà la salvezza che sta per manifestarsi negli ultimi tempi (dalla I lettera di S. Pietro Ap.).

E a Lourdes, l’Immacolata Assunta in Cielo, nella pienezza del gaudio della Risurrezione, come gioiosamente l’annuncia e la dona questa beata speranza!

È così, è soprattutto in questa luce pasquale che la vita umana appare tesoro indistruttibile, dono senza prezzo. Ed è dono non solo ricevuto e posseduto ma ricambiato ed allargato in grazia di una solidarietà, che ci rende debitori gli uni agli altri e tutti ci lega alla comune sorgente della vita, che è amore e provvidenza.

Scrive Salvatore Satta, uno scrittore cattolico, che si sta ora scoprendo:

« Nel mondo tutto soggiace a una legge, ignota quanto si vuole, misteriosa quanto si vuole, ma indubitabile, la legge per la quale nessun essere è stato ed è mai vanamente creato, per la quale ciascuno, consapevole o inconsapevole, serve a un fine e rientra per questo nell’ordine dell’universo ».

La persona umana, espressione massima nell’universo, è sempre tutta compenetrata di questa misteriosa ma indubitabile legge, che per noi credenti si chiama Provvidenza Divina.

Riconoscere la Provvidenza Divina anche in certe ore, su certi orizzonti della vicenda umana, è veramente arduo. Occorre una luce, almeno qualche raggio di luce, che venga dall’alto.

Questo dono, anch’esso, ancora una volta, misterioso, viene largito dalla fonte della luce e della vita, della grazia, diciamo con parola squisitamente cristiana. Ma passa anche per le nostre mani e noi siamo chiamati all’onore ed alla responsabilità di farcene propagatori.

« Risplenda la vostra luce — ci ha detto il Signore — così che gli uomini vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre » (Mt. 5, 16), cioè abbiano fede e speranza nell’amore e nella provvidenza di Dio.
Parlando della Provvidenza Divina Gesù additava i gigli dei campi, rivestiti di bellezza come nemmeno Salomone, in tutta la sua gloria, potè adornarsi (Mt. 6,29).

Ma quando chiamava luminose le nostre umili opere buone, voleva dire che ci sono, ancora più belli e più fragranti del profumo e della grazia di Dio, i fiori di bontà.

Remigio Ragonesi – vescovo ausiliare in Roma

Fede e Luce pasquale ultima modifica: 1981-12-20T14:40:34+00:00 da Redazione

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