Novembre 1979
Il pellegrinaggio non è solamente il fatto di un momento. Presuppone una lunga preparazione e avrà effetto anche dopo, nella vita di tutti i giorni.
Molto prima di prendere la strada o il treno, ciascuno avrà fatto un primo passo, quello che consiste nel lasciare il piccolo universo delle sue piccole abitudini. Per partire ci si deve liberare di ciò che ci impedisce di andare avanti.
“Gesù mandò i discepoli a due a due, e ingiunse loro di non prendere per il viaggio altro che un bastone, né pane, né bisaccia, né denaro.” (Marco 6,8)
A quale conversione sono chiamato? Su quale sentiero di entusiasmo e di stanchezza mi lascerò trascinare per incontrare l’Altro?
Testimonianza di Maria Varoli (Parma)
Dio mi ha voluto bene dandomi una figlia fragile, perché mi ha dimostrato che il mondo, la gente, è ancora piena di bontà, e che la fratellanza non è scomparsa in questa epoca di egoismo e di crudeltà e di violenza.
È viva è ancora la comprensione per chi soffre. I giovani pellegrini, specialmente quelli che, pur non essendo oppressi da problemi familiari o personali, hanno seguito altruisticamente il pellegrinaggio, ce lo hanno dimostrato con una dedizione e una premura encomiabili.
E a questi giovani, ne sono certi, ne seguiranno altri e altri ancora, che sapranno liberare dal loro cuore la bontà che noi tutti abbiamo innata, chi più chi meno soffocata nel nostro cuore dai beni materiali ed effimeri.
Riflessione di Françoise Lacoste (Belgio)
“Essere pellegrino vuol dire partire con altri, partire spoglio, disponibile per tornare colmo di pace, di gioia, d’amore, e irradiarne gli altri”
Perché abbiamo scelto di festeggiare la Pasqua 1981 rimanendo nel nostro paese?
La mentalità si è molto evoluta dopo Lourdes 1971: le celebrazioni locali con persone handicappate e i loro genitori sono ora possibili, cosa che era impensabile dieci anni fa. Potremo rendere grazie di questo alla Pasqua 1981!
Abbiamo scelto di celebrare la Pasqua nelle nostre parrocchie o nelle nostre cattedrali, in unione con tutte le altre comunità Fede e Luce, sia che queste restino nel loro paese d’origine, sia che vadano a Lourdes.
Perché restare nel nostro paese? Ci sono ragioni economiche, senza dubbio, ma non sono essenziali; il profumo costoso versato da una donna sui piedi di Gesù non era forse un gesto di amore, e non di spreco? Se noi restiamo è perché i più piccoli possano celebrare la Pasqua intorno ai loro pastori, sacerdoti e vescovi.
È per vivere a livello locale quattro giorni di incontri, per condividerli con coloro che ancora non conoscono i doni speciali della persona handicappata, perché si intreccino dei legami duraturi con dei giovani amici che vivono nella nostra città.
Questo permetterebbe anche a quelli che vivono negli ospedali psichiatrici di partecipare alla celebrazione pasquale: alcuni infatti sarebbero di salute troppo fragile per andare fino a Lourdes.
Potremo anche invitarli a unirsi a noi, venendo, ad esempio, alla celebrazione della domenica di Pasqua alla cattedrale, mentre noi potremo andare a trovarli il venerdì all’ospedale.
Teresa de Bertodano (Inghilterra):
Sono battezzati, e hanno anch’essi il diritto e il bisogno di partecipare alla vita della chiesa. Preparare e celebrare la Pasqua insieme, non potrebbe essere una occasione per creare dei legami con la loro parrocchia?
Una mamma inglese:
Il pellegrinaggio più importante, per me, è andare con il mio bambino dalla porta di casa a quella della chiesa parrocchiale.
Marie Jo Sambardier (Francia):
(mamma di Jean Pierre, 22 anni)
È a Lourdes nel 1971 che abbiamo scoperto il nostro ragazzo nella sua interiorità, abbiamo accettato la sua vita spirituale e il fatto che a suo modo annunzi la Buona Novella. Abbiamo notato come era stato sensibile ai gesti di Lourdes, ai segni di croce, all’acqua, al fuoco ecc. Abbiamo parlato spesso di Gesù, di Maria……. Ora è del tutto normale che sia lui a parlarcene. Abbiamo anche ricevuto questa grazia di vivere più in profondità col nostro ragazzo handicappato; le difficoltà restano, le preoccupazioni non mancano, ma ci ritroviamo su una via rischiarata da una luce “tanto più forte”.
Meditazione a modo mio
“Pellegrinaggio: una parola di ieri forse, ma anche una necessità di oggi!” dicevo tra me l’altro giorno. Congressi, giornate di studio, tavole rotonde, dibattiti di ogni genere! Quale professione, quale formazione politica, quale gruppo non ha i suoi giorni di incontro; sono regionali, nazionali, internazionali, mondiali!
Questo immenso bisogno di ritrovarsi, di scambiare, vien fuori da ogni parte: allora, un pellegrinaggio, che è un incontro, non è anche una risposta alla realtà attuale? Questo viaggiatore, il pellegrino, non è forse un uomo di oggi?
Contemplando tutti questi sforzi di discorsi, tonnellate di carta stampata, moderatori, microfoni, malinesi, milioni di parole, mi sono chiesta se, di fronte all’eccesso delle parole ed ai limiti del loro potere non risponde forse ad un bisogno attuale riabilitare il gesto, il “vivere insieme”, l'”aprire gli occhi”?
Un pellegrinaggio non è forse aprire il cammino dell’incontro a chi non ha la parola e riportare all’essenziale noi tutti che siamo sazi di parole?
Suggerimenti
- Tradurre in maniera spirituale da un lato, concreta dall’altro, il fatto che un pellegrino debba liberarsi di tutto per camminare.
- Essere un viaggiatore senza valigie: ci trasciniamo forse dietro il nostro confort, le nostre antipatie, il nostro passato…?
- Qual è il progetto della nostra comunità? Dove celebreremo la Pasqua 1981? (tenendo conto del desiderio e delle possibilità di ciascuno: alcuni andranno a Lourdes, altri festeggeranno Pasqua sul posto…)
- Che nome dare alla nostra comunità? (informarne il responsabile per la regione o nazionale).
Questo articolo è tratto da:
Insieme Giallo – Speciale Verso Pasqua 1981