Avanti e indietro, avanti e indietro: Franco Basaglia fatica star fermo difronte alla telecamera di Sergio Zavoli nel documentario I Giardini di Abele del 1968. Sono due le telecamere che devono seguirlo e staccare seccamente per non perderlo di vista mentre lo psichiatra spiega il suo punto di vista sulla malattia mentale, anzi sul malato, quello che gli interessa davvero: «Non saprei proporre niente di psichiatrico in un manicomio tradizionale… nessuna terapia credo possa dare giovamento a persone costrette in un clima di sudditanza e cattività da chi li deve curare». La rivoluzione dello sguardo era cominciata: nessun uomo o donna saranno ancora legati e trattati come animali (a pensarci oggi, anche peggio) perché vengano curati, sotto la sua direzione al manicomio di Gorizia.
Si tratta di uno dei pezzi di archivio che arricchiscono il documentario E tu slegalo (2024) di Maurizio Sciarra, disponibile su Rai Play: cinquanta minuti ricostruiti tra le voci del presente di pazienti psichiatrici, di ex collaboratori (ad un paio di loro Basaglia chiese se fossero «turisti della psichiatria» quando andarono a conoscerlo e poi di lavorare con lui), alcune immagini di repertorio (anche forti e crude), e frammenti scelti dal passato preservato dalle teche Rai. Un materiale ben diversificato che racconta non solo lo psichiatra italiano dal suo arrivo alla struttura manicomiale di Gorizia ma anche cosa fosse la salute mentale in Italia: qualcosa che non prevedeva vera cura se, come sottolineava Franca Ongaro Basaglia in uno dei frammenti, «per lavorare in un manicomio non era necessario essere uno psichiatra… a Gorizia c’erano un dermatologo e un internista ma nessun psichiatra. Lui era il primo. Un libero docente in psichiatria poteva non avere mai visto il manicomio».
Un documentario prezioso, dove le storie e le immagini sono importanti occasioni per chi non ha vissuto o rischia di dimenticare quella rivoluzione dello sguardo sull’essere umano di cui ogni epoca sa porre, a suo modo, la necessità.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.167