Capita di essere messi alla prova, capita di sentirsi stanchi, sfiniti, perché la quotidianità ti assorbe totalmente, tanto che non trovi neppure il tempo per riposare, o trovare ristoro, o per chiedere. Capita di vivere periodi più impegnativi perché la fragilità umana è appesantita per tanti fattori.
I miei Giorgio e Cristina hanno sofferto molto il caldo, soprattutto lei. Si sono sommati tanti problemi, e non c’è stato riposo. Già ai primi di agosto eravamo K.O., e con la chiusura per ferie del centro diurno è stato tutto proprio impegnativo. Dormivo poco, non c’era più notte e non c’era più giorno, mangiavo meno, inquietudine continua, lamenti, pianti: questa la cornice estiva.
Abbiamo fatto più gite giornaliere in montagna, alla ricerca di fresco, ristoro, sollievo, a volte è servito, altre volte no. È capitato anche di tornare a casa più sfiniti e stanchi di prima, ed io più arrabbiata. Cosa ho desiderato in quei giorni? Cosa ho cercato? Cosa volevo? Mah! Avrei voluto scappare e fregarmene, e dire basta. Nonostante i miei innumerevoli tentativi di comprendere, di agire, di curare mi sono sentita molto impotente e disarmata difronte al malessere di mia sorella, e all’abbattimento di mio fratello.
Ho desiderato molto avere qualcuno che mi ascoltasse e comprendesse nella fatica; ma anche ristoro, riposo, una notte tranquilla per dormire. una mano tesa aperta, una voce rassicurante, uno sguardo attento che ci capiva e avrebbe dato risposta al malessere di ciascuno. Ho desiderato una mano sulla spalla, un semplice “coraggio”, o qualcuno che dicesse: «vai a riposare sto qui io».
Ho desiderato mettermi in viaggio per cercare ristoro e fresco, ma avrei voluto anche essere in compagnia per scambiare qualche parola. Invece nonostante tutti gli sforzi fatti, siamo sempre stati in ritiro in casa, in viaggio, in montagna, al lago. Ho cercato ristoro, ma anche risposte: cosa potevo fare che non ho fatto perché quei mesi fossero meno pesanti? Ho cercato il Signore dentro la fatica, dentro il peso e l’affanno della situazione; ho cercato porte da bussare ma non si sono aperte. Ho cercato, ho cercato invano.
Ora quel periodo è passato, sembra alle spalle. Rimane il silenzio, un silenzio abitato da noi tre in questa casa, e mi preparo al prossimo inverno, con il calore della stufa a legna, gli occhi che si chiudono, come se avessero bisogno di recuperare tutte le notti insonni, la quiete quasi surreale. Abbiamo scaricato le batterie? Può bastare un caricabatterie?
Mentre scrivo, sono le 19.30 circa, guardo Giorgio e Cristina, sono ancora in carrozzina, ma dormono già, lui da un pezzo. Ora mi muovo, li sistemo a letto, e poi quasi in fretta vado a letto anch’io per caricare le batterie, almeno quelle fisiche, e domani si ricomincia. Si domani, se abbiamo la grazia di svegliarci ricominciamo, sia che le batterie siano cariche o meno.
Mi viene in mente il profeta Elia, quando stanco del suo vagare e del non essere ascoltato, e anche minacciato di morte, scappa e si inoltra nel deserto; trovò una ginestra, vi si coricò sotto e si addormentò sfinito. Ma Il Signore mandò un angelo, lo toccò e gli disse: «Alzati e mangia, perché è troppo lungo per te il cammino». Nella fatica della vita cosa può dar ristoro? Cosa può caricare? Penso che stasera vado a letto con Elia e aspetto il tocco di un angelo.
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