Questo articolo fa parte del Focus: gli adulti profondamente handicappati, alcune testimonianze
Ti ricordi Maurizio, quando ci alzavamo molto prima degli altri? Il sole spuntava appena e lasciava filtrare qualche raggio attraverso i rami… Ti vedo a carponi, cercare quei punti luminosi e trovare piacere nel lasciarti bagnare dalla loro luce. Cosa cercavi? Cosa c’è dentro di te che io non ho capito? Questo segreto resterà il tuo segreto.
E tu Massimo; quando ci siamo preparati insieme alla prima Comunione, accoglievi la mia visita con grida di gioia e le mie parole su Gesù in un silenzio senza risposta. Potrai un giorno rivelarmi il tuo incontro con Colui che io ricerco ancora; affinché io impari da te come sentire la sua voce?
Di fronte a certi ragazzi mi sono trovato sempre sprovveduto e sorpreso. Chi non lo è stato? Davanti ad una collera improvvisa o ad un silenzio senza scambio? Da dove viene questa particolare sprovvedutezza nell’incontro con i grandi? Siamo così incapaci di fronte alla violenza di una libertà che non riesce a farci capire i suoi bisogni…
Fin dai primi incontri ho imparato la necessità di comprendere prima di ogni cosa. Bisognava mettersi come a scuola e imparare il linguaggio di ognuno.
Con Alessandro ho imparato che due dita sfregate l’una contro l’altra volevano chiedermi cosa avremo fatte poi. Bisognava capire e rispondere per dargli la pace. È anche augurabile capire rapidamente i desideri di Roberto, quando basta qualche cucchiaino di zucchero in un acqua troppo scipita per poter continuare un pranzo con i piedi asciutti.
Non è meno importante capire i minimi gesti di Nico che sdraiato su un cuscino – si sente escluso dai lavori manuali e si crede abbandonato.
Ci è voluto molto tempo per capirci un po’ e per sperare contro ogni speranza nella capacità di comunicazione, nella capacità di apertura alla vita, in quella di ricevere tutto dall’altro, nella meraviglia.
In questa capacità di meravigliarci siamo tutti su un piano di uguaglianza con i nostri blocchi mescolati al desiderio infinito di tenerezza.
A causa delle nostre chiusure interiori e degli avvenimenti sconcertanti siamo tutti soggetti alla disperazione; per questo non posso credere che uno sia più soggetto di un altro alla gioia.
La gioia resterà sempre uno sforzo di apertura all’altro, uno sforzo di apertura alla speranza al di là della disperazione, uno sforzo di apertura alla tenerezza possibile se, malgrado tutto, posso ancora una volta credere alla gratuità. Per me non esiste persona, handicappata o no, senza tendenza alla disperazione; ma insieme, possiamo imparare a ricevere, una volta di più, la luce del giorno.
Ho voluto vivere con ognuno dei fratelli handicappati degli incontri in cui ognuno spera nell’altro. Credo anche che ogni incontro, con Roberto, Nico, Maurizio, Massimo è carico di speranza. Speranza che non si può esprimere a parole, ma tutto un essere lo dimostra anche se il primo gesto di un incontro è un pugno sul viso in ricordo di una speranza tradita.
Ma quale forte esperienza quando, dopo una giornata di campo, mi sono accorto che potevo servirmi di loro per realizzarmi, sia umanamente che spiritualmente. Mi sembra ci sia un momento difficile da passare: quello del dono completo e gratuito in cui, coscientemente, mi rifiuto di dominare l’altro, di servirmi di lui per realizzarmi.
Questo momento non lo si supera una volta per tutte; ogni volta che dubito di quello che vivo, sia a livello della vita umana, sia al livello della fede, ogni volta che mi sento depresso, devo fare uno sforzo verso il dono gratuito.
Tuttavia questo pericolo di utilizzazione non è che il rovescio della vera esistenza nella quale non possiamo vivere senza il conforto della tenerezza che si scambia nell’amicizia fedele a ogni prova e della speranza offerta della chiamata di Gesù, il Cristo.
Grazie a tutti voi: grazie a te Maurizio, che, steso sull’erba quel mattino all’alba, fosti per me una parola vivente venuta ad illuminare la parola dell’apostolo Paolo: “La creazione intera in attesa aspira alla rivelazione dei Figli di Dio… per entrare nella libertà della gloria.
Robert Michit, 1979
Questo articolo è tratto da:
Insieme n.22, 1979