Diversi anni fa, d’estate al mare, una bimba si è avvicinata a mia figlia chiedendomi se era autistica (la sindrome di Rett assomiglia molto all’autismo anzi, fino poco tempo fa, faceva parte delle malattie dello spettro autistico) e io le chiesi «Tu conosci l’autismo?» e lei mi ha risposto «Sì, in classe ho un amico autistico». E ha voluto giocare con Valentina, senza nessun pregiudizio.
Io vengo dalla Polonia dove, ancora oggi, mia figlia dovrebbe frequentare una scuola speciale in cui potrebbe confrontarsi solo con la disabilità.
La scuola italiana ha deciso di inserire ragazzi con diverse disabilità nella scuola normale; senza essere veramente pronta, grazie alla legislazione e alla buona volontà di molte persone, si stanno risolvendo diverse difficoltà. Oggi mi rendo conto che ho faticato non poco perché ho dovuto fare ricorsi al Tar per avere le ore giuste di sostegno per mia figlia, insistere sempre a far rispettare i diritti di Vale. Ma ne è valsa la pena: adesso mi godo il risultato delle fatiche passate e spero che prosegua così, per noi e per tutti gli altri ragazzi.
Mia figlia Valentina è una ragazza di 16 anni con la sindrome di Rett. Ha un grave ritardo psicomotorio, non parla, quasi non usa le mani, cammina, ancora, e ha bisogno di assistenza continua. Nonostante tutto questo, Valentina è molto consapevole dell’ambiente in cui si trova; per esprimersi utilizza il metodo CAA. Inizialmente questo è stato un problema per la scuola ma, grazie al supporto dei terapisti e la buona volontà dei docenti a imparare, l’ostacolo è stato superato e il metodo ben acquisito. Ora frequenta il primo anno di scuola superiore e ci va molto volentieri poiché è stata inserita nel contesto scolastico molto bene.
Tutto il percorso a scuola di Vale è andato abbastanza bene, anzi è andato sempre meglio: abbiamo incontrato persone che, se pure non sempre preparate, avevano interesse e voglia di fare un buon lavoro tanto che, ad esempio, dopo l’esperienza con Valentina, le professoresse delle medie hanno deciso di approfondire con entusiasmo il percorso formativo di specializzazione in sostegno.
Valentina ora frequenta il primo anno di liceo scientifico. Abbiamo scelto questo tipo di scuola perché lei predilige la teoria alla pratica dei laboratori. I professori all’inizio erano scettici ma anche loro ora hanno confermato che è stata la scelta giusta. Apprezzo molto il coinvolgimento del gruppo classe, con diversi tipi di lavori: la disabilità fa paura quando non la si conosce. Per i ragazzi scoprire il metodo CAA è stato importante e anche divertente; sono molto felice anche perché molti docenti curricolari partecipano attivamente nel lavoro di Vale.
Anche il personale scolastico l’ha accolta molto bene. Non è stato sempre così e mi rendo conto che molti ragazzi non sono stati fortunati come mia figlia; purtroppo la scuola presenta molte criticità per loro, ma penso che noi genitori dobbiamo insistere perché i diritti scritti sulla carta vengano rispettati anche nel quotidiano.
Stando con gli altri ragazzi Valentina si illumina ed è felice, penso che anche per il resto della classe Valentina può essere solo un arricchimento. Un consiglio che voglio dare a chi deve lavorare con ragazze e ragazzi con disabilità è di non darsi mai limiti, di osare. Sicuramente non mancheranno tante sorprese: personalmente, davvero non credevo che mia figlia potesse fare le cose che le vedo fare oggi.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.166