Paolo spinge la carrozzella di sua figlia Sara per correre insieme, i migranti Ansou Cisse, Jallow Buba e Charles Ampofo calpestano i fili d’erba con gli stessi piedi con cui sono fuggiti dalle brutture dei loro Paesi, la mamma ucraina Viktoria Gudyma trasforma la corsa in una vera e propria esperienza di pace.
Tre storie, quelle appena elencate, che arricchiscono le attività già di per sé preziose di Athletica Vaticana, l’associazione polisportiva ufficiale della Santa Sede, di cui fanno parte dipendenti, cittadini e residenti dello Stato Città del Vaticano, insieme ai loro familiari diretti: una realtà di questo tipo non si era davvero mai vista e da quando, nel 2018 il team del Papa è stato iscritto nel Registro delle persone giuridiche canoniche, non ci si è più fermati.
Atletica leggera, ciclismo, padel, cricket, taekwondo e presto anche scherma e basket: molteplici gli sport in cui i membri dell’associazione, pure insieme a quelli onorari, possono cimentarsi. E altrettante numerose le partecipazioni della squadra a manifestazioni sportive e solidali: basti pensare all’esordio del 2021, a livello internazionale, per i Campionati di atletica leggera dei Piccoli Stati d’Europa a San Marino e al Campionato del Mondo di ciclismo su strada in Australia, ai Giochi del Mediterraneo in Algeria, al servizio sportivo nelle frontiere dell’accoglienza con L’elemosineria Apostolica, il Dispensario pediatrico Santa Marta, l’Istituto Serafico di Assisi e la Comunità di Sant’Egidio. Basti pensare, ancora, ai tanti protocolli sottoscritti con le federazioni sportive italiane (tra tutti quelli con il Coni e la Federazione italiana sport paralimpici e sperimentali) e alle medaglie vinte (il bronzo, per esempio, ai Campionati di atletica leggera dei Piccoli Stati d’Europa a Malta).
Di tutto questo dà conto, più in particolare, il Bilancio inclusivo e solidale 2022 (Tipografia Vaticana), che racconta non solo i traguardi raggiunti e gli obiettivi da concretizzare nel prossimo futuro, ma anche i principi fondanti la stessa associazione.
Un’associazione che, come ha rilevato Papa Francesco, «testimonia sulle strade e in mezzo alla gente, il volto solidale dello sport, accogliendo al suo interno anche giovani migranti e persone con disabilità». La squadra di Athletica Vaticana, d’altronde, non punta alla cosiddetta «conta dei soldi» o meramente ai risultati: mette al centro, al contrario, la persona e il fatto che nessuno, in quella che è la lunga e non semplice maratona della vita, debba essere lasciato solo.
A questo proposito, si capisce il motivo per cui la Preghiera del maratoneta, nata proprio in seno alla squadra di Papa Francesco e tradotta in oltre trenta lingue, sia divenuta biglietto da visita e di presentazione del team. «Grazie, Signore, perché mi fai correre e non mi lasci solo al km 35 della vita (…). Grazie, Signore, perché mi sei accanto nei momenti di stanchezza quando il sudore annebbia lo sguardo, la fatica mi fa piegare le gambe e mi vorrei fermare».
Questa è, dunque, l’essenza di Athletica Vaticana: attraverso lo sport – anzi, gli sport – costruisce relazioni, fa superare divisioni e fa condividere. È l’io che diventa noi, il modo migliore per conoscere gli altri e se stessi. Di fatti, è proprio in Paolo e sua figlia Sara, è nei migranti della Cooperativa Auxilium, è nella mamma ucraina che ci si può (e ci si deve) riconoscere: tra le mille storture della vita, queste donne e questi uomini danno testimonianza di come si possa continuare a correre. Respirando, nonostante tutto, a pieni polmoni.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.163