Quando il bambino manifesta l’intenzione di voler comunicare ma ha difficoltà ad esprimersi con la voce si può, tramite la LIS, offrire una lingua alternativa che almeno momentaneamente risponda alle sue esigenze comunicative, senza escludere la possibilità che poi in futuro possa apprendere e parlare la lingua italiana.
I primi tentativi a Roma risalgono al 1996. Precedentemente alcuni operatori si erano impegnati ad offrire un approccio educativo bilingue ai bambini sordi ritenendo giusto e rispettoso offrire loro la possibilità di acquisire spontaneamente la propria lingua naturale.
“Ogni bambino sordo, qualunque sia il livello della sua perdita uditiva, dovrebbe avere il diritto di crescere bilingue. Tramite la conoscenza e l’uso della lingua dei segni come della lingua orale, nella sua forma scritta e, ove possibile, parlata, il bambino potrà acquisire appieno le sue capacità cognitive, linguistiche e sociali”. (Francois Grosjean)
Grazie alle esperienze acquisite nel campo dell’educazione bilingue per i bambini sordi, abbiamo insegnato ai bambini udenti con grave disabilità comunicativa a far “parlare le loro mani”.
All’inizio si è pensato solo di offrire una lingua alternativa viste le difficoltà di alcuni bambini/ragazzi, ad articolare i suoni e le parole della lingua italiana.
Ma poi ci siamo accorti che l’uso della LIS poteva favorire anche la comprensione dell’italiano.
I bambini udenti che ci venivano affidati spesso presentavano anche altre difficoltà: epilessia, disprassia, ritardo cognitivo e comportamenti disfunzionali spesso riconducibili alla mancanza di comunicazione.
Questi bambini, proprio a causa del ritardo cognitivo, hanno difficoltà a decodificare il linguaggio orale mentre sono facilitati nella comprensione del messaggio se viene espresso in lingua dei segni che proprio per il suo tipo di costruzione, diversa da quella dell’italiano, permette di vedere ciò che si intende comunicare.
dott.ssa Luisa Gibellini, 2018
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.142, 2018