È inevitabile, in questi casi, pensare a cosa succederà al proprio figlio, dopo… e neanche, a questo punto, quando il Signore vorrà, ma anche inevitabilmente, quando il nostro orologio biologico comincerà inesorabilmente a perdere colpi.
Una risposta ancora non ce l’ho, per quanto sia il mio chiodo fisso… Ma se penso ad un luogo ideale dove vedo mio figlio e gli altri ragazzi stare bene e volentieri, quel luogo avrebbe molti aspetti che ritrovo nei gruppi di Fede e Luce.
Fede e Luce è una famiglia allargata, si diventa tutti parenti stretti e consanguinei, tra calorosi abbracci, scoppi di risa, baruffe fraterne. I nostri ragazzi sono quelli che sembrano trovare il terreno fertile per essere “normali”. Si sentono accettati così come sono, si sentono liberi di essere ciò che sono, si sentono valorizzati ed apprezzati per ciò che c’è e non per quello che manca.
Il campo estivo è uno dei momenti più belli della esperienza fedelucina. Ci sono le regole che tutti devono rispettare, grandi e piccoli, ci sono le consegne, i momenti di gioco, i mimi, le riflessioni… E certe volte le riflessioni di coloro che vengono considerati mancanti sono così chiare e nitide che sembrano essere ispirate da una Entità Superiore. Per fare il coordinatore devi prima di tutto organizzare la giornata in tutte le sue fasi, ma poi non devi disperare se prende un’altra piega. Il bello di Fede e Luce è l’imprevedibilità delle situazioni. Ti alzi la mattina, sai che ci sarà la colazione il pranzo e la cena, ma in mezzo può accadere di tutto.
Fede e Luce è un modo di vivere che ti sorprende e ti spiazza. Non c’è monotonia, noia. C’è la gioia ma anche il dolore che fa parte della vita e non lo possiamo risparmiare ai nostri figli… Questi ragazzi ricordano i propri cari che sono passati a miglior vita, con un’intensità e un amore che il tempo non riesce a lenire… I nostri ragazzi non conoscono alcuna forma di pudore e non hanno vergogna come noi altri di esternare i propri sentimenti e le proprie debolezze.
Più sto con questi ragazzi e più mi accorgo che i mancanti siamo noi.
Carla Bosco, 2018
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.140