Sempre nuove forme di povertà si affacciano al nostro orizzonte e in questo momento non si può fare a meno di annoverare una nuova categoria di poveri, di ultimi: i profughi.
La situazione di chi scappa dalle zone di guerra, di chi lascia la propria casa, il proprio paese non per cercare una vita migliore, ma per poter avere ancora vita, appare quanto mai drammatica. Per di più in contesti sociali non più floridi, l’unica risposta alle varie richieste di aiuto sembra essere solo quella economica: non possiamo permettercelo!
E si assume così una posizione di difesa, quando non di attacco, verso queste persone che ripongono nella vicina Europa le loro speranze di sopravvivenza. Qualunque sia la nostra posizione politica di fronte a questo fenomeno che, se costituisce un problema per l’Italia e l’Europa, è comunque una tragedia per chi lo sta vivendo, qualunque sia il nostro grado di insofferenza o di empatia per queste persone, è comunque un problema di fronte al quale non possiamo in alcun modo chiudere gli occhi. E ponendocelo davanti, chiederci da cittadini: cosa sarebbe meglio fare?
E, da cristiani: cosa posso fare io? Non ci sono risposte facili, ma possiamo conoscere meglio la situazione ed inoltre chiederci: in tutto questo le persone con disabilità dove sono? Riescono a venir via con le loro famiglie? Come se la cavano tra tutte queste grandi difficoltà?
Abbiamo posto alcune domande in merito ad Anna Marchei, referente per la Comunità di Sant’Egidio per i Corridoi umanitari.
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Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.138