Per don Carlo le 50 pagine di questo scritto volevano essere un testamento spirituale (veniva dato alle stampe nei giorni in cui la sua vita terrena giungeva al termine) a quanti affidava e raccomandava la sua opera di misericordia, nata per rispondere al dolore dei tanti bambini che dalla guerra avevano riportato tremende ferite fisiche e psicologiche e che sarebbe stata poi rivolta anche a quanti soffrivano di malattie invalidanti per le più svariate cause. Il cammino verso l’accettazione del dolore umano, soprattutto quello dei bambini, è davvero difficile: per don Carlo l’unica risposta possibile rimane quella di guardare al Crocifisso.
Emerge in lui una grazia speciale in seguito alle grandi sofferenze vissute nella guerra: da cappellano militare non ha lasciato i suoi alpini durante la guerra sul fronte russo, ne ha seguito la drammatica ritirata, è tornato e ha speso la sua vita a non render vano tanto dolore proprio in nome di Gesù Crocifisso. Il libro pubblicato contiene i contributi del cardinale Angelo Scola e di Salvatore Natoli i quali, da punti di vista diversi, non temono di poter continuare a porsi domande su un tema che da sempre sollecita l’animo umano.
Cristina Tersigni, 2016
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.136