La Bibbia, scritta quando non si sapeva nulla di DNA, può guidarci nella nostra riflessione sull’handicap, la malattia, l’immortalità? Per vederci più chiaro bisogna prima domandarsi quale sia l’intenzione di Google. Vendere una ricerca individualizzata alle persone più ricche per creare un essere umano senza difetti? Fotocopiare un modello ideale di uomo o di donna senza sorprese? La Bibbia ci ricorda che accogliere un bambino è accogliere (… molto di più), è lasciarsi sconvolgere da uno sconosciuto, accettare il più piccolo, l’ultimo, che possa chiamarsi David, Giuseppe o Gesù.
Ora gli esperti in genetica vogliono esattamente l’opposto: evitare le sorprese, riprodurre i canoni del momento, paralizzare l’evoluzione. Due logiche si affrontano: la ricchezza e lo strapotere dei ricchi e l’umile accoglienza della fragilità e dell’handicap.
La Bibbia ci ricorda continuamente che l’uomo si realizza mettendosi in relazione con la fragilità e non nell’annientamento dei deboli. Non si tratta di opporsi alla ricerca che mira ad alleviare le sofferenze, ma di evitare che si inganni volendo esseri umani superiori.
Una trentina di americani stanno facendo i conti con il fatto di aver scelto un donatore di sperma dotato di un QI superiore e di un corpo atletico. Stanno reclamando con il laboratorio perché il donatore si rivelato affetto da schizofrenia. Tutto ad un tratto, i consumatori esigono un servizio post-vendita per la disgrazia di questi bambino che non intendono più accogliere. “Colui che accoglie questi piccoli accoglie me”, dice Gesù.
Accogliere il bambino-sorpresa, significa confidare nello Spirito Santo perché guidi ogni secondo della nostra vita terrena, è confidare in Colui che conosce ogni capello e dunque ogni gene, ogni pensiero del nostro essere.
Jean-Christoph Parisot, O&L 211/2016
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.135