Anna Maria ha svolto per la sua tesi una ricerca a tappeto sul suo territorio, un municipio di Roma, alla ricerca delle realtà associative lì insediate individuandone obiettivi e attività. Indagine che ha fatto emergere una specifica carenza (credo estensibile in altre realtà non solo romane…) riguardo alla formazione delle persone con disabilità psico-sensoriale una volta terminata l’età scolastica.
Il dato non stupirà. Però la sistematicità data alla ricerca in un territorio relativamente circoscritto, la volontà di non creare doppioni con qualcosa di già esistente e cercare un risvolto concreto a questa necessità, ne fanno un’esperienza interessante.
Nasce così l’Associazione Guscio di noce. Nell’accoglienza delle Suore della Provvidenza, nella cui struttura sorse la prima casa per minori in stato di difficoltà della capitale circa trent’anni fa, l’associazione ha trovato alcuni spazi per la sua attività. Per queste suore, chiunque si presenti loro in cerca di aiuto diventa parte della loro missione. Un guscio di noce è ben poca cosa per attraversare il mare ma il poco che hanno lo mettono a disposizione per venire incontro alle necessità di chi incontrano. E così hanno risposto ad Anna Maria, che conoscevano come volontaria nella casa famiglia.
Il guscio di noce rievoca la difficoltà del compito prefissato… ma se questa è la risorsa, anche secondo il carisma delle Suore della Provvidenza, bisogna fidarsi e confidare anche in questa. L’associazione si occupa di formazione (insegnanti, volontari, operatori del settore) e di accompagnamento delle famiglie (genitori e fratelli della persona con disabilità). Con il progetto Binario 18 intende sostanzialmente far da ponte tra la persona e la comunità in cui vive.
È certamente troppo presto per dare una valutazione significativa; in sostanza si cerca di mettere in contatto una possibile realtà accogliente nel contesto di vita della persona (un ristorante, un laboratorio, un’ attività artigianale…), osservare e formare la persona in un arco di tre anni nei laboratori interni perché sviluppi una potenzialità che le renda possibile divenire risorsa per la realtà individuata. Non si mira solo ad un’inclusione lavorativa che, realisticamente, può non essere sempre possibile per tutti ma soprattutto all’inclusione sociale di quella persona. Anche il servizio di assistenza domiciliare può assumere nuovi significati. Come sottolineava l’assessore ai servizi sociali del municipio all’inaugurazione, 30 anni fa questo servizio ha significato far emergere una necessità di attenzione alla famiglia e alla persona disabile grave. Ma il domicilio non può essere solo la casa. Fino a che si fa parte della scuola si beneficia di un contesto collettivo che ha un grande valore: purtroppo nella maggioranza dei casi questo sembra finire proprio al termine degli studi.
Il progetto si realizza in una sede che ha spazi arredati al fine di sviluppare le potenzialità, anche di autonomia, della persona sordo cieca, realizzati con la supervisione della Lega del Filo d’oro, riferimento diagnostico e terapeutico italiano per queste patologie. L’inserimento nel percorso non ha costi per l’utenza. Il personale è attualmente impegnato a titolo gratuito. Obiettivo perseguito, quello dell’autofinanziamento.
Un progetto certo ambizioso che ha molti partner significativi: genitori ed educatori, l’Università Salesiana con alcuni suoi insegnanti e, seppur non dal punto di vista economico, gli enti pubblici preposti.
La Provvidenza per ora non sembra mancare.
Cristina Tersigni, 2016
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.133