Se dunque è vero che la lettura di questo libro richiede un notevole impegno intellettuale e una certa “base di partenza”, è vero pure che non è necessario cogliere proprio tutte le sfumature di pensiero della Kristeva. Ognuno prende della ricchezza di vita e di conoscenze della filosofa quel che può. E poi c’è Jean, a cui tutti noi vogliamo un gran bene. E dopo questo libro ancora di più. Perché viene fuori tutta l’umiltà e la saggezza di un uomo che non sfugge in alcuno modo “al grido di una donna e di una madre”. Avrebbe potuto farlo salendo sul piedistallo di una vita spesa a fianco delle persone ferite e di una fede provata in mille modi. Ma non se lo sogna neppure. Jean usa, se occorre, quel tanto di ironia che serve a smussare gli spigoli intellettualistici della sua cara interlocutrice, più volte la abbraccia con parole di tenerezza quando scorge in lei la madre sofferente e non sfigura affatto nel duello teorico.
Insomma, a chi legge questo libro, che consiglio a chiunque abbia compiti di responsabilità dentro associazioni rivolte all’handicap, viene certamente in mente la frase di Gesù: “ti ringrazio, Padre, perché hai nascosto queste cose ai potenti e ai sapienti di questo mondo”. E pensa che alla Kristeva, che è certamente una “sapiente”, la bellezza e la profondità del Regno di Dio restino nascoste. Jean ci dice che non è così. Semmai restano nascoste solo ai potenti e ai sapienti “di questo mondo”, appunto, quelli cioè che, a differenza della Kristeva, non rinunciano alle logiche della sopraffazione e del pregiudizio.
Vito Giannulo, 2012
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.118