Vi stiamo per raccontare storie di ragazzi che hanno scelto di dedicarsi al volontariato, di certo non perché obbligati, ma anzi, perché gli piace e li appaga: ma i giovani d’oggi la pensano tutti così? Cosa fanno per sé stessi e per gli altri, cosa gli piacerebbe fare? Per saperne di più sono sceso per le strade di Roma a rincorrere giovanotti e donzelle tra i 14 e i 30 anni, e a far loro 3 semplici domande: cosa fai; cosa vorresti fare; fai o hai mai fatto volontariato. Per allargare la rosa degli intervistati ho chiesto anche via mail ad amici di diverse città come Milano, Salerno e Chieti. Tra i ragazzi intervistati, neanche un terzo ha fatto o sta facendo volontariato, più femmine che maschi, perlopiù però si tratta di esperienze minime, legate all’ambiente parrocchiale. Di volontari veri e propri ne ho trovati davvero pochi! Due ragazze che fanno volontariato per Greenpeace, un’altra che invece è attiva in Malawi (Africa) e un ragazzo che è pioniere della Croce Rossa Italiana (che ci ha anche testimoniato la sua esperienza a pag. 11). In compenso, tra i “no” c’è chi precisa che vorrebbe farlo, ma non ha mai avuto modo di incontrare realtà di volontariato, e semmai dovesse capitare non si tirerebbe indietro. Il resto non esprime opinioni in merito, e peggio, uno degli intervistati non sapeva nemmeno di cosa si trattasse!
I giovani sono più studenti che lavoratori: c’è qualche stacanovista che studia e lavora contemporaneamente per non gravare troppo sulla famiglia, ma rappresenta una fievole percentuale. Preoccupanti sono invece i dati che ho raccolto sui desideri e le aspirazioni: metà di loro non sa cosa vuole fare nella vita, né è sicuro che il suo impiego attuale sia la cosa giusta per sé. Soprattutto i ragazzi si sentono spaesati, insicuri o peggio non hanno un’aSpirazione, non ambiscono a un ruolo (a parte vincere alla lotteria), e questo credo sia piuttosto triste, diciamolo pure. Perché c’è questa confusione tra i giovani? Come mai non sanno cosa li appagherebbe? Non è facile trovare una risposta in due righe, certo è che si tratta di un problema serio, ma che, almeno in Italia, pare si sia troppo occupati con altro per risolverlo.
Matteo Cinti, 2011