Vale la pena leggere questo “romanzo”. L’autrice (sui vent’anni) l’ha scritto partendo dai diari che scriveva fin da quand’era ragazzina. Ha una sorella minore autistica, soprannominata Pulce. j

Racconta in prima persona il rapporto difficile, ma anche bello e ricco di amore, di Pulce con lei e con tutta la famiglia un po’ nevrotica, ricca di vitalità e di affetti. Racconta anche il suo rapporto di tredicenne con la scuola e col complicato mondo dei coetanei, che può essere un rifugio, ma anche schiavizzante. Nella famiglia È arrivata, stupefacente, la tecnica della Comunicazione Facilitata. Una persona tiene un gomito del ragazzo autistico davanti a un computer con una tastiera adattata e accade che il ragazzo manifesti di avere un linguaggio, idee connesse secondo una certa logica, capacità di scriverle in modo originale, anche affascinante benché diverso dalla logica del “nostro” discorso. E meravigliosa la scoperta della possibilità di ampliare la comunicazione, finora molto limitata, con una persona autistica. Certo bisogna che il “facilitatore” stia molto attento a non indurre la persona autistica, della quale è nota l’acuta sensibilità, a scrivere quel che egli pensa.

E sulla famiglia dell’autrice e di Pulce esplodono le conseguenze di questo errore commesso da una maestra facilitatrice, che “scopre” dalla comunicazione di Pulce, che la bambina e anche la sorella autrice sono vittime degli abusi sessuali di un padre “mostro”.

Vale la pena leggere questo “romanzo” perché in gran parte non è romanzo e perché aiuta a conoscere il mistero della persona autistica. Vale la pena leggerlo perché è commovente, ma fa anche sorridere. È una buona lettura anche per gli operatori (psicologi, assistenti sociali, magistrati) perché si guardino dall’arroganza e supposizione di infallibilità che possono viziare la loro azione, generando altre acute sofferenze in persone già colpite. Questo, pur senza cadere nell’eccesso opposto di considerare superficiali e arroganti gli operatori che lavorano nella sofferenza delle famiglie e nel disagio sociale. Questo eccesso si percepisce nel racconto di Gaia Rayneri, benché giustificabile vista la micidiale esperienza toccata alla sua famiglia.

Sergio Sciascia, 2010

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.109

Sommario

Editoriale

Essere mamma... di M. Bertolini

Dossier: Essere mamma

Sono in un furioso stato di accusa di S. Lutz
Che senso ha la vita di mio figlio Paolo? di M. Amelia

Altri articoli

Un crocifisso silenzioso di N. Ginzburg
Deboli e forti trovano il loro posto di J. Vanier
C’era una volta la città dei matti di Pennablù

Esperienze

Dove tutto è diverso da tutto di G. e L. Sauve
Tutti tranne uno saliti a cavallo di E. Attanasio

Libri

Quali mani asciugheranno le mie lacrime?. M. Kamara con S. McClelland
Con Cristo sulle strade del mondo, don T. Bello
Tre tazze di tè, G. Mortenson, D. O. Relin
Nuovo dizionario della disabilità, dell’handicap e della riabilitazione, R. Pigliacampo
Pulce non c'è, G.Rayneri

Rubriche

Dialogo Aperto
Vita Fede e Luce: Eilaboun a casa di Sammaher di Lucia, Angela e don Marco
Lo sapevate che...?
Vita Fede e Luce n.109 – Eillaboun a casa di Sammanher

Pulce non c’è – Recensione ultima modifica: 2010-03-16T16:10:10+00:00 da Sergio Sciascia

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