Edoardo Savoia dimostra 13 dei suoi 19 anni: è rimasto piccino per una serie di difficoltà alla nascita e altre non ancora individuate (nonostante le tante ricerche fatte), ha tratti di autismo non verbale e si muove parecchio per l’iperattività. Da tempo il papà Umberto cercava qualche attività fisica, alternativa alle camminate, per condividere il tempo libero a Prato. Aveva pensato alla bicicletta ma, superata l’età e il peso per i seggiolini, non c’era mezzo, neanche il tandem, che offrisse le giuste garanzie di sicurezza.
Qualche anno prima nel trevisano, Mario Paganessi aveva vissuto la medesima esperienza con suo figlio: messo in cantina il seggiolino, aveva iniziato a usare dei tandem classici con il passeggero seduto dietro. «Un giorno però mio figlio, in tandem con l’educatrice e fermo al semaforo, saltò giù iniziando a correre. Lei ebbe un mezzo infarto, lui per fortuna non si fece nulla ma da quel momento capimmo che il tandem non faceva per lui». Un tandem classico, inoltre, si blocca se uno dei due non pedala e non consente di controllare agilmente cosa faccia chi è seduto dietro. Sarebbe necessario immaginare – pensava Paganessi – un tandem al contrario, con il ragazzo fragile seduto davanti.
L’idea si fa strada, anche grazie all’impegno costante con Oltre Il labirinto, fondazione dedicata alle famiglie con figli autistici (di cui Paganessi è uno dei fondatori), in costante ricerca di modalità di autofinanziamento per le attività dei suoi centri diurni che non hanno sovvenzioni pubbliche. I ragazzi coinvolti hanno difficoltà abbastanza gravi per quel tipo di autismo a basso funzionamento che, spiega ancora Paganessi, costituisce la maggior parte dei casi.
«Spesso si dà spazio nella comunicazione a storie sicuramente importanti ma che, da un certo punto di vista, illudono e fanno male: ragazzi con autismo che lavorano, hanno uno stipendio… Il più delle volte l’autismo è non verbale, provoca comportamenti problematici» e ha bisogno di attività ben mirate e organizzate che richiedono ricerca di finanziamenti privati. Provvidenziale è l’incontro con Banca della Marca che, valutato il progetto, finanzia lo sviluppo e la messa in commercio di un tandem adatto anche ai ragazzi impossibilitati alla pedalata autonoma.
Prototipi e progetti si compongono e susseguono con non poca fatica, soprattutto per i costi; alcune componenti più complesse (come il cambio o il telaio) riescono a essere significativamente scontati grazie alla collaborazione delle ditte produttrici giapponesi e cinesi che hanno apprezzato la finalità e l’interesse sociale del progetto. Il resto della componentistica, tutto italiano, è stato assemblato, ove e quanto possibile, dai ragazzi del centro a Treviso.
Il più delle volte l’autismo non è verbale e provoca comportamenti problematici.
Nel 2015 nascono così le prime Hugbike (hug significa abbraccio): un tandem dalla postura particolare e dal grande manubrio allungato che consente una sorta di abbraccio del guidatore, posizionato sul seggiolino posteriore. Affinché chi è davanti mantenga la sensazione di guida, all’interno del manubrio allungato viene posizionato un manubrio di misura standard che, se per ovvi motivi di sicurezza non consente il controllo totale del mezzo, offre però la grande gioia del vento in faccia.
È esattamente quello che cercava Umberto Savoia, che ne ha acquistata una («Forse la seconda prodotta»), dopo aver constatato l’entusiasmo di Edoardo nel provarla. Chiaramente questi tandem hanno costi non proprio concorrenziali, ma l’investimento presenta anche il merito di sostenere l’inclusione lavorativa dei ragazzi dei centri diurni, protagonisti ad esempio (sotto la supervisione del maestro di bottega) dei collaudi delle Hugbike vendute.
Edo pedala per le ciclabili di Prato con il papà che, nel frattempo, canticchia i motivi preferiti, ben a portata di orecchio del figlio. E se per due volte la preziosa Hugbike è stata rubata (e ritrovata!), la cosa bella – racconta Umberto – è stata la reazione della comunità cittadina: hanno deciso di finanziare l’acquisto di altri due tandem destinati all’utilizzo pubblico a Prato. Nel frattempo, la Hugbike continua a farsi conoscere non solo in Italia: l’associazione francese Mathi la propone ai suoi ragazzi con molto entusiasmo.
La speranza è che se ne vedano sempre più a disposizione di famiglie che vogliano sperimentarla nelle piste ciclabili ormai sempre più numerose nelle nostre città. E che coinvolgano sempre più non solo le famiglie dirette interessate ma anche gruppi di amici in vena di attività fisiche inclusive!
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 160, 2022
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