Il dibattito dei genitori di fronte alle difficoltà che pone l’educazione delle giovani generazioni non sarà una novità, ma nella redazione del nostro giornalino vantiamo la presenza non solo di una giovane”figlia”, cioè ancora a casa con i suoi genitori, ma anche di due nonne e di due mamme. Èquindi naturale parlare di figli, e nipoti, e della loro educazione: soprattutto perché vorremmo crescerli a valori diversi da quelli che la società consumistica ci offre, valori più fondanti l’esistenza dell’uomo. Spesso, invece, ci ritroviamo a parlare di come, a volte, tornino a casa sconsolati perché sono gli unici a non avere ancora le figurine di quel tal gioco, oppure di come si sentano esclusi ed isolati dal gruppo di amici se non hanno ancora un loro telefonino, insomma di come siano indifesi ed ingenui di fronte a tutto ciò che la società del consumo fa apparir loro necessario per la felicità. Purtroppo, non possiamo sempre decidere di non dar peso a queste che ci sembrano proprio stupidaggini che, ci diciamo, passeranno prima o poi, perché abbiamo anche sentito storie con simili premesse dai risuolti problematici se non drammatici.
Vorremmo farlo sulle pagine di questo giornale (qui un primo spunto) perché il nostro confronto avrebbe qui uno spessore diverso da quello che potremmo trovare in altre riviste che si occupano molto meglio di problemi educativi. Per dirla in parole povere, leggendo le pagine di questa rivista, ascoltando le storie che vi sono presentate, scoprendo cosa alcuni uomini e donne sono stati capaci di creare per venire incontro alle esigenze di chi è in difficoltà, abbiamo imparato a dare un peso diverso alle reali necessità della nostra vita. Un professionista della scuola descriveva in un’intervista alcuni genitori come”affascinati dal narcisismo educativo e competitivo con l’idolatria del figlio migliore di tutti” e di come siano”devastati dai miti della bellezza, del successo piuttosto che dall’amore vero e dagli essenziali valori della vita”. Parole, forse esagerate, che non riguardano la maggioranza di noi, ma che rivelano le difficoltà e la mancanza di punti di riferimento che anche un genitore può vivere e trasferire nei suoi figli.
Come nello scorso numero una mamma si chiedeva come educare allo sguardo verso chi è in difficoltà, adesso più in generale la proposta è quella di confrontarci con l’educazione alla diversità per provare a trovare insieme risposte nuove da dare ai nostri figli, e sollecitare in loro domande più significative del solito”Mi compri…?”
Cristina , 2004