È la biografia di una donna che ha saputo vivere la sua vita e dare corpo al suo sogno con tenacia, passione e amore. Perché la santa patrona di tutti gli emigranti (molto conosciuta all’estero ma, misteriosamente, poco in Italia) è stata innanzitutto una maestrina lombarda dell’Ottocento di salute molto cagionevole, che ha incontrato nel quotidiano tante difficoltà fuori e dentro la Chiesa, ma che — tenace e straordinaria — ha attraversato per ben 28 volte l’Atlantico per realizzare il suo progetto.

“Una donna dalla fede tradizionalissima e insieme innamorata della modernità, che pratica l’umiltà e l’obbedienza ma che è capace d”investire ingenti capitali in opere gigantesche fidando solo nelle proprie forze, (…) dolcissima e animata da un inesauribile amore per il prossimo, ma capace di essere dura e intransigente con chi intralcia le iniziative volute — lei ne ha la certezza dallo Spirito santo”. Così scrive Lucetta Scaraffia che ne racconta la storia senza mai fare dell’agiografia apologetica o catechetica, ma descrivendo al contrario in modo avvincente e appassionato vicende degne della più battagliera tra le donne, della più appassionata tra i santi, e — perché no — della più capace e lungimirante tra le imprenditrici.

Una vita assolutamente imprevedibile dunque quella di Francesca Cabrini (Sant Angelo Lodigiano 1850 —Chicago 1917) che, arrivata per la prima volta negli Stati Uniti nel 1889 povera di mezzi e di appoggi proprio come una qualsiasi emigrante, nel tempo ha costruito scuole, orfanotrofi e ospedali (alla sua morte lascerà ben 67 istituti sparsi in tre continenti) a beneficio di quanti, costretti dalla povertà e dalla disperazione, lasciavano il loro mondo per cercare nuove opportunità.

Un piano quello di Francesca animato da un principio fondamentale, e cioè che gli emigranti si dovessero inserire nei nuovi paesi di destinazione senza rinunciare alle loro origini culturali e, soprattutto, religiose. Perfettamente consapevole infatti che “gli emigranti sono uno degli effetti più destabilizzanti della modernità, che la rode al suo interno creando masse di persone senza radici e senza identità”, la Cabrini ha tentato — con esiti multo positivi — di dar loro un volto, secondo un modello che ancora oggi, a distanza ormai di un secolo, mantiene tutta la sua forza ed efficacia.

Il libro della Scaraffia, che si avvale dei documenti conservati nell’archivio della Congregazione, appassiona il lettore e lo porta a ripercorrere con la Cabrini (condividendone luci ed ombre) la costruzione e la realizzazione di un progetto sempre in equilibrio tra modernità e tradizione, tra curiosità e voglia di avvalersi di strumenti e mentalità di un mondo in evoluzione. Tutto questo conservando la fede in un messaggio divino capace di profondo amore e grande sostegno.

Giulia Galeotti, 2004

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.87

Sommario

Editoriale

L'iniezione di Uscobupt di M. Bertolini

Parliamo di lavoro

Il collocamento mirato di T. Cabras
Storia di Giorgio e del suo lavoro di P. Tardonato

Articoli

Benedetta mi ha convertito di Giampaolo
Il film «Le chiavi di casa» di T. Cabras
La barca bianca di J. Larsen di Silvia Gusmano
Associazione “Invitati alla festa” di Cyril Donille
Una Casa-famiglia dove la maternità ritorna gioia di Giulia Galeotti
Come guardano i bambini di una mamma
Sguardo come?

Rubriche

Dialogo aperto

Libri

Sempre Capricci!, R. Giudetti, M. Lecci
Bianco su nero, R. Gallego
Mio padre è un chicco di grano, L. De Vita
Francesca Cabrini, L. Scaraffia

Francesca Cabrini Tralaterrae il cielo – Recensione ultima modifica: 2004-09-13T16:53:59+00:00 da Giulia Galeotti

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