Un giorno chiacchierando al telefono, Marco mi disse che gli stava balenando in testa l’idea di far provare a ragazzi con handicap la vita e il lavoro in campagna | nella sua azienda vicino Latina.
Lui da tempo si occupa di allevamento di mucche e bufale per il latte, ha terra da coltivare e molto spazio da poter sfruttare per diverse attività.

L’idea centrale di cui parlò era quella di dare la possibilità a persone con difficoltà più o meno gravi (intellettive, psichiche o anche fisiche) di esprimere le capacità che troppo spesso vengono svalutate a priori e quindi non prese in considerazione.

Perciò Marco aveva l’intenzione di organizzare un campo sperimentale (chiamato “Splende il Sole”) nel quale si sarebbe coltivato un terreno a ortaggi e quindi vedere direttamente se un’attività del genere potesse essere attuata. L’idea mi ha affascinato e ho offerto la mia collaborazione.

Ci sono stati dei tempi tecnici abbastanza lunghi, per organizzare la casa che Marco ci ha messo a disposizione, e per parlare dell’idea alle famiglie dei ragazzi che avrebbero partecipato. Naturalmente è stato spontaneo chiedere all’interno di Fede e Luce, e come succede di solito, la risposta dei genitori è stata di appoggio e fiducia totale…

Arrivato il grande giorno eccoci in quattro sul treno per Latina: Michela, Claudio, Valerio ed io attori di questa prima esperienza. Avevamo l’umore di chi parte per le vacanze, eravamo naturalmente eccitati e molto curiosi. Certo, sembravamo tutto meno che aspiranti contadini!

Il primo giorno è servito per ambientarci e conoscere il posto, quindi sistemazione della casa e passeggiata per l’azienda.

Il secondo giorno abbiamo conosciuto Paolo, Pietro e Alessio, ragazzi di Latina che Marco aveva contattato. Insieme abbiamo ascoltato cosa avremmo dovuto fare. Il lavoro più importante è stato sicuramente quello della preparazione del terreno destinato alla coltivazione degli ortaggi, sotto la guida di un ortolano esperto. La prima giornata nel gruppo già si era instaurato un bel rapporto, sia nel lavoro, dove ho visto una grande collaborazione e un notevole impegno, e anche nei momenti di riposo dove non sono mancati scherzi e risate.

Spesso mi sono soffermata a guardare i comportamenti per assicurarmi che tutti stessero a loro agio e che il carico di lavoro fosse adeguato alle persone. Una preoccupazione superflua perché non ho mai visto tanta comprensione e tanto rispetto per i tempi degli altri; un caso esemplare di lavoro di gruppo. Credo che ognuno abbia avuto le sue piccole — grandi soddisfazioni scoprendo di saper fare tante cose.

C’è stato un episodio che secondo me vale la pena raccontare per far capire l’atmostera che si è creata. Un giorno, dopo aver fatto la breve pausa per pranzo, eravamo pronti per continuare insieme all’ortolano la preparazione del terreno, ma siamo stati senza far nulla per tre ore a causa di un guasto al trattore. Nella lunga attesa i commenti sono stati: “Ma quanto ci mettono?”, “Ma perché non cominciamo?”… Poi finalmente si fa vedere uno e ci dice che per quel pomeriggio non avremmo potuto più lavorare sul campo. Faccio notare che si erano fatte quasi le cinque, l’ora a cui di solito smettevamo di lavorare. Ma qualcuno ha chiesto: “Cosa possiamo fare? Oggi ci siamo annoiati!”. L’ortolano e il suo collaboratore avevano una faccia che sembrava dicesse: “Ma che sono matti?”. Allora uno dei due fa: “Bé! Se proprio avete voglia, ci sarebbe qui dietro un altro campo che avrebbe bisogno di essere liberato dai sassi”. Niente di meglio. In un batter d’occhio eccoci tutti piegati a raccogliere sassi.

Ci sono state giornate alla fine delle quali la sera era pesante anche sparecchiare e lavare i piatti. Poi però, provvidenzialmente, è arrivata una giornata di pioggia che ci ha permesso di recuperare le forze e goderci un po’ di riposo. Ci siamo concessi una passeggiata sulla spiaggia di Terracina ancora deserta a pensare con calma come organizzare l’accoglienza dei nostri amici di Roma che sarebbero venuti il giorno dopo a trovarci.

Questa sosta mi ha fatto pensare e apprezzare quanto l’equilibrio della natura sia adatto alla vita e al lavoro dell’uomo. Il contatto con i ritmi della natura seppure crei fatica toglie lo stress e non c è nulla di più gratificante.

La nostra esperienza contadina è stata comunque confortata dalla modernità, nel senso che al nostro ritorno in casa ci aspettava uno scaldabagno pieno di acqua calda, cibi da preparare in poco tempo e un comodo letto per riposare. Comunque il fascino della vita all’aria aperta è rimasto tutto: il contatto con la terra scura, il sole che ti lascia quel bel colorito sano sulla pelle (altro che lampade!), il vento tra i capelli, il continuo cinguettio degli uccelli (qualche volta interrotto da qualche brano “trampolinesco” di Valerio), l’aria buona, le formiche che fanno volentieri visita in cucina, le lumache che hanno impiegato tutta la notte per arrampicarsi sulla porta di casa… e tante altre cose che sarebbe troppo lungo elencare.

Abbiamo provato una grande soddisfazione quando, alla fine, la settimana è volata (succede sempre quando si sta bene).

L’esperimento ha avuto davvero un ottimo esito, a giudicare anche dalle facce, tristi a sconsolate, che l’ultimo giorno chiedevano: “Ma quando torniamo a lavorare?”.

In nostri amici di Latina invece, data la vicinanza, continueranno questa nostra esperienza finché l’orto non darà i suoi frutti e questa estate potrebbero essere affiancati da chi volesse vivere la realtà di questo progetto.

Questo campo sperimentale potrebbe trasformarsi in un’attività stabile grazie alla vendita dei prodotti realizzati (cipolle, pomodori, zucchine, melanzane, peperoni, cocomeri, meloni, salvia, maggiorana, rosmarino, timo e origano).

Stagionale o no questa idea è degna di essere COLTIVATA.

Laura Nardini, 2004

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.86

Sommario

Editoriale

Un'Italia nascosta di M. Bertolini

Concorso

La chiesa è per tutti?

Non cercare il sale nella minestra di Tea Cabras
L’umana resistenza di Silvia Gusmano
La domenica con i disabili di V. Rossani

Articoli

Perché esiste la disabilità? di J. Vanier
Lo sguardo sulle persone diverse da noi di Redazione
Amministratore di Sostegno di S. Artero
Parla il Giudice Tutelare Intervista di Cristina Tersigni
Lavorare? Sì, grazie! di L. Nardini
Un orribile meraviglioso campeggio di O. Gurevich
Il dente del giudizio e il servizio civile di S. Gusmano
Nuovo istituto di riabilitazione nel Sud di V. Giannulo

Rubriche

Dialogo aperto

Libri

Il ragazzo che amava Shakespeare, B. Smith
In autobus con mia sorella, R. Simon
Storia dell’aborto, G. Galeotti

Agricoltura e disabilità: il campo sperimentale “Splende il Sole” ultima modifica: 2004-06-11T16:59:22+00:00 da Laura Nardini

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