Filippo ha 25 anni e viene da Roma. Dal 2016 vive l’esperienza di servizio della realtà cottolenghina a Torino nella Piccola Casa della Divina Provvidenza, prima come volontario del servizio civile, ora come dipendente. La sua testimonianza è una bella finestra su una realtà solitamente identificata come mero ricovero per persone fragili.
Inizialmente la mia idea e le mie conoscenze sul Cottolengo si fermavano alla concezione desueta di semplice luogo d’accoglienza e mantenimento per tutti coloro che si trovavano ai margini della società e che non avevano nulla con cui sperare di sopravvivere. In realtà, anche se questa è in effetti la base della creazione del Cottolengo, il suo operato e la sua ideologia di servizio verso il prossimo si sono evoluti in molteplici direzioni e tipologie di aiuto: dalle RSA e l’ospedale, passando per la scuola e le sue attività sportive come mezzo di inclusione, fino ad arrivare alla mensa dei poveri, che oltre a fornire pasti a chi ne fa richiesta, distribuisce vestiario, coperte e altri beni di prima necessità a tutti coloro che non se li possono permettere.
La mia esperienza di servizio è iniziata nella struttura delle scuole della Piccola Casa, come volontario del servizio civile. Ho iniziato affiancando gli insegnanti di sostegno in classe, alla mensa e durante la ricreazione esterna, cercando di aiutare, per quanto possibile, nello svolgimento delle attività progettate e individualizzate per ogni singolo bambino, dando supporto pratico ed emotivo. Durante l’anno, ognuno di noi volontari ha potuto confrontarsi con molteplici realtà e differenti difficoltà, spaziando dai disturbi dell’attenzione, come i DSA – in una più ampia classificazione BES (bisogni educativi speciali) – fino ad arrivare all’approccio dei disturbi pervasivi dello sviluppo come l’autismo.
Nelle ore in classe ci è stato mostrato come attuare apposite strategie e mezzi per compensare le lacune causate dalla disabilità come ad esempio i Pecs, che sono immagini per facilitare la comunicazione; oppure semplici tabelle integrative (mappe concettuali) che, a seconda degli argomenti trattati, sono un valido ausilio per chiunque abbia difficoltà nell’attenzione e nella memorizzazione. A mensa e nel corso delle attività esterne, eravamo più liberi nella gestione delle attività, avendo la possibilità di sviluppare attività e di essere noi in prima persona a creare un contatto diretto con i bambini e il gruppo classe (ovviamente sempre sotto la supervisione di un dipendente della scuola). L’esperienza vissuta nel primo anno di servizio civile mi è stata molto utile quando sono stato assunto: continuo a svolgere le stesse mansioni ma con una responsabilità maggiore.
La Scuola Cottolengo della Piccola Casa della Divina Provvidenza accoglie due sezioni della scuola primaria fino alla quinta elementare e due sezioni della scuola secondaria fino alla terza media. Anche se si trovano nello stesso istituto e sono gestite da un unico rettore, le due scuole hanno differenti presidi e differenti enti amministrativi per la gestione e supervisione degli insegnanti, una differenziazione che garantisce personale docente e amministrativo qualificato e specializzato per ogni classe.
La scuola si trova all’interno della Piccola Casa e, come quest’ultima, adotta l’ideologia tipica del Cottolengo, ovvero che nessuno è diverso. In ogni classe vengono integrati bambini con disabilità a cui sono affiancanti insegnanti di sostegno in rapporto uno ad uno, favorendo l’apprendimento sia di coloro che necessitano di aiuto che di tutto il gruppo classe e permettendo un avanzamento sincrono. Uno degli obiettivi della scuola è permettere un’inclusione scolastica di qualità tramite l’attuazione di strategie individualizzate per ogni singolo bambino e attività che favoriscano l’inclusione nel gruppo classe: un’inclusione pienamente riuscita si potrà avere solo se oltre a quella scolastica si raggiunge anche quella sociale. Si parte dalla classe per poi arrivare alla condivisione di attività anche al di fuori del contesto scolastico.
La mia scelta di rimanere è stata influenzata dalla possibilità di apprendere cosa volesse dire convivere con una disabilità che non ti permette di comunicare; che ti relega in una categoria di persone considerate inadatte; che ti preclude la possibilità di condividere esperienze di vita, gioco e socialità che dovrebbero essere diritto di ogni bambino. Bambini altrove emarginati qui, invece, sono integrati in un ambiente scolastico e sociale che non abbandona nessuno, puntando a raggiungere un’uguaglianza sotto l’aspetto umano e formativo. Questa è stata la ragione che mi ha spinto a voler rimanere nella realtà cottolenghina, scelta possibile anche grazie all’Ente che, vedendo in me una risorsa, mi ha permesso di rimanere al suo interno per ultimare gli studi universitari e diventare un educatore a tutti gli effetti.
Vivendo questa realtà quotidianamente mi sono reso conto di quanto sia carica di pregiudizi e stereotipi l’idea diffusa che considera il Cottolengo un agglomerato di soggetti non adeguati alla vita sociale. Nella Piccola Casa si ritrova invece la base della felicità: è un posto in cui, anche faticando, ci si mette al servizio del più fragile, scoprendosi deboli in confronto alla forza di chi, anche con menomazioni fisiche e mentali, vive un’esistenza piena di dignità, regalando un sorriso.
Il simbolo della piccola casa è un cuore azzurro, simbolo d’amore, perché il Cottolengo è questo: un luogo in cui ci si dona con amore per l’altro e in cambio si riceve l’amore di chi, anche tra mille difficoltà, trova la forza di sorridere.
La Newsletter
Ombre e Luci è anche una newsletter
Ci trovi storie, spunti e riflessioni per provare a cambiare il modo di vedere e vivere la disabilità.
Se prima vuoi farti un'idea qui trovi l'archivio di quelle passate.
Il blog di Benedetta
Un nuovo post ogni mese