Arrivò nelle sale l’11 settembre 2002, il film ideato appositamente per commemorare la data fatidica di un anno prima, 11 settembre 2001: composto da 11 cortometraggi della durata di 11 minuti 9 secondi e un fotogramma, per i quali ogni regista selezionato potè lavorare in piena autonomia.

Claude Lelouch scelse di muoversi nei territori a lui cari della storia d’amore, ambientata interamente in un appartamento newyorchese: una coppia in crisi discute animatamente, forse per l’ultima volta, proprio la mattina di quell’11 settembre indimenticabile. Un litigio doloroso ma senza rumore: la donna infatti è sorda. Giunta a New York come turista, si era innamorata della guida: un amore intenso e inatteso che però, passato ormai del tempo, la riempie di dubbi.

Gli aerei che colpiscono le Torri Gemelle sono immagini che tutti ricordiamo; la maggior parte delle nostre memorie acustiche sono invece legate alle voci sbigottite dei giornalisti che commentarono gli eventi con interminabili dirette non-stop. La protagonista tiene la televisione accesa, ma è fuori dal suo campo visivo. Mentre noi possiamo osservare in diretta il corso degli eventi, la vediamo ignara di tutto perché non può sentire; anche quando nota il tremolio del tavolo non ne sospetta la causa. È persa nei ricordi dell’inizio della sua storia d’amore, è impegnata a lasciare una traccia scritta del perché ritiene stia terminando.

Vent’anni fa era ancora verosimile che le notizie non raggiungessero subito chi non si trovava di fronte a un televisore: la donna soffre come se per lei il mondo stesse finendo, senza sospettare che la fine del mondo sta accadendo a pochi chilometri.

Nel finale, dramma privato e collettivo si toccano, come in una sorta di miracolo accaduto proprio in quella mattinata che Lelouch ha voluto raccontare dal singolare punto di vista di chi, inizialmente, ne rimane esclusa sia col corpo sia con i sentimenti.

Un’antologia per non dimenticare

L’episodio di Claude Lelouch è solo uno degli undici che compongono 11 settembre 2001, film del 2002 il cui titolo originale, meno esplicito ma più simbolico di quello italiano, rimanda proprio al minutaggio dei singoli episodi: 11’, 09’’, 01. L’idea di ricordare le vittime degli attentati di New York con un’opera che avesse una sensibilità internazionale è venuta al produttore francese Alain Brigand, cui si deve (di concerto con le produzioni dei Paesi coinvolti) la selezione del collettivo di registi. Ognuno di loro ha lavorato in modo indipendente e separato, restituendo storie sensibilmente diverse non solo per gli aspetti tecnici, ma anche per le tematiche e le provocazioni.

Dalla denuncia per la discriminazione musulmana (della regista Mira Nair nel suo India), passando per la critica alle cosiddette guerre sante (Shohei Imamura in Giappone e Alejandro González Iñárritu in Messico) e agli interessi politici (Youssef Chahine in Egitto e Ken Loach in Regno Unito), fino al dramma più puro e umano (il già citato Lelouch in Francia, ma anche Sean Penn negli USA, Samira Makhmalbaf in Iran, Danis Tanovic in Bosnia-Erzegovina e Amos Gitai in Israele).

(Matteo Cinti)

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 155, 2021

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Sentire la fine del mondo ultima modifica: 2021-10-13T09:37:51+00:00 da Claudio Cinus

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