Per capire meglio cosa sta accadendo nel mondo della scuola per quanto riguarda l’inserimento abbiamo chiesto giudizi e riflessioni ad alcuni rappresentanti delle maggiori associazioni di disabili. In questo numero riportiamo una breve intervista con Patrizia Armellini, responsabile dell’Osservatorio Scolastico dell’AIAS di Milano Tel 02/3302021

Diamo per scontato che la Legge per l’integrazione scolastica è stata una scelta giusta, dalla quale indietro non si torna; le chiediamo un giudizio complessivo su come è avvenuto l’inserimento dei ragazzi con paralisi cerebrale (spastici) nei 20 anni trascorsi dall’approvazione della Legge.
I primi anni sono stati di intensa sperimentazione, pur nella difficoltà di una rivoluzione culturale. Attualmente rinserimento è un dato di fatto, ma la vera integrazione rimane spesso un progetto e ancora più spesso un obbiettivo non verificato, senza l’appoggio di un pensiero strategico. Laddove però la scuola utilizza intelligentemente gli strumenti e la collaborazione i risultati sono buoni e, questo è fondamentale, tutti ne hanno vantaggio, non solo gli alunni disabili.

Può farci qualche breve esempio di un inserimento positivo?
Ce ne sarebbero molti e in tutti gli ordini di scuola. Però è stato bello e sereno il lavoro di integrazione con due ragazzi in tempi successivi nella Scuola media Mameli di via Linneo a Milano. È stato fondamentale il lavoro della docente di sostegno, vera “mediatrice” rispetto alle conoscenze e rispetto al Consiglio di classe; la progettualità, la verifica, la profonda motivazione, r accompagnamento e non la sostituzione anche nel momento dell’orientamento, hanno trasformato rinserimento in una vera integrazione.
In queste due situazioni molto diverse, ho potuto verificare quanto la scuola può dare in più rispetto alla famiglia e all’ambiente riabilitativo e quale è la funzione propria della scuola, contesto irrinunciabile, insostituibile per la crescita di un ragazzo.

Può indicarci le cause più evidenti per i casi in cui l’inserimento non ha portato gli esiti sperati?
Il non coinvolgimento dei docenti curriculari. La mancanza di progetto nella scuola, l’assenza di obbiettivi di integrazione nel POF (Piano Offerta Formativa), l’errato utilizzo di strumenti come la diagnosi funzionale, il profilo dinamico funzionale, il piano educativo individualizzato.
La causa può essere anche esterna alla scuola: non supporto da parte delle strutture sociosonitarie, quando vengono sottolineate le incapacità e non viene valorizzato il potenziale di sviluppo del soggetto-alunno disabile.

È innegabile che la condizione essenziale per il buon esito di qualsiasi integrazione è il coinvolgimento di un bravo insegnante…Lei, insegnante e con lunga esperienza di inserimento, quali consigli fondamentali potrebbe dare ai maestri e prefessori di buona volontà?
Ascoltare, cercare di conoscere gli alunni, favorire la comunicazione, costruire il senso del gruppo. Riconoscere la motivazione: un alunno anche molto “grave” (aggettivo discutibile) può avere un livello motivazionale molto simile a quello dei coetanei e spesso è trattato da bambino piccolo.

Può definire la preparazione e i compiti “dell’assistente ad personam”, la figura di recente istituita come aiuto al disabile nella scuola?
Permette all’alunno disabile l’autonomia. Deve essere competente nella relazione d’aiuto, quindi non sostituirsi. Deve integrarsi nel contesto scuola (non dipende solo da lui) e lavorare in sinergia perché obbiettivi di apprendimento e obbiettivi con valenza educativa sono inseparabili. Non deve fare da paravento ma da ponte rispetto alla relazione con i coetanei. Non deve colludere né con docenti né con la famiglia. Ha bisogno di supervisione. Deve partecipare alla progettazione. Se posso fare un piccolo esempio, deve essere capace di trasformare in progetto educativo anche l’accompagnamento in bagno, che sembra non sia compito di nessuno.

Lei ci ha già detto: “inserimento vuol dire che il ragazzo deve stare in classe con gli altri”. Ma questo significa: sempre… il più possibile… solo quando dimostra di trovarsi a suo agio?
È importante, innanzitutto predisporre una modularità di progetti e un lavoro personalizzato sul ragazzo che anticipi le unità didattiche e rinforzi le sue competenze di base. Solo in seguito si potrà stabilire come e quanto sarà presente in classe. Bisogna comunque sempre ricordare che un soggetto con tanti problemi trova la motivazione all’apprendimento sentendosi parte di un gruppo e non isolato in un rapporto a due con l’adulto.

Nel prossimo numero pubblicheremo la riflessione di Davide Del Duca, presidente della Fondazione Bambini e Autismo di Pordenone.


Posso entrare a scuola?

Con la certificazione medica delì’handicap dell’alunno si avvia, al momento dell’iscrizione alla scuola, la richiesta per l’insegnante di sostegno. Vengono contattate la scuola di provenienza e la famiglia dell’alunno.
Dopo un periodo di osservazione da parte degli insegnanti durante i primi giorni di scuola, si effettua una rilevazione delle competenze e delle abilità dell’allievo (in termine tecnico screening).

I risultati dell’osservazione iniziale, la documentazione medica e scolastica precedente e lo screening convergono nel gruppo di lavoro sull’handicap operativo (GLHO) composto dal gruppo insegnanti, i rappresentanti della ASL – neuropsichiatra, assistente sociale ed eventualmente psicologo – i genitori ed altri eventuali operatori che lavorano con l’alunno. Questo gruppo allargato si riunisce a inizio anno per elaborare una descrizione approfondita delle caratteristiche fisiche, psichiche, sociali ed affettive dell’alunno. In questa descrizione, chiamata profilo dinamico funzionale, si evidenziano le difficoltà di apprendimento – conseguenti all’handicap – e le possibilità di recupero, le capacità possedute da sostenere, sollecitare nel rispetto delle scelte culturali della persona. A fine anno il GLHO si riunirà per controllare il processo di integrazione e di crescita culturale. Sulla base di questo quadro il gruppo insegnanti – consiglio di classe – elabora un Progetto educativo individualizzato dove si evidenziano gli obiettivi che si intendono raggiungere nelle varie discipline ed attività in base alle possibilità dell’alunno. L’andamento del progetto sarà verificato mensilmente dal consiglio di classe che dovrà, nel caso, correggerlo o potenziarlo.

Il percorso individuale svolto dall’alunno portatore di handicap verrà evidenziato nelle relazioni finali degli insegnanti di classe e di sostegno. La valutazione a fine ciclo scolastico avverrà in base al raggiungimento degli obiettivi calibrati per lui.

Scuola e disabilità: dall’Osservatorio Scolastico deir AI AS di Milano ultima modifica: 2003-09-04T15:27:55+00:00 da Redazione

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