Jerome Lejeune, scopritore della causa del Mongolismo, medico e genetista; dal 1965 professore di genetica presso la facoltà di Medicina di Parigi. Autore di numerose ricerche di genetica umana; nel 1959 scoprì, in collaborazione con N. Turpin, che il mongolismo è dovuto alla presenza di un cromosoma suprannumerario nella coppia n.21 (trisomia 21). Da tale osservazione ebbe origine una serie di importanti ricerche, tuttora in corso in vari laboratori, sulle anomalie della distribuzione dei cromosomi nell’uomo e sulle conseguenti sindromi morbose.
Il prof. Léjeune fa qui una sintesi dello stato attuale (1983 N.d.R) delle conoscenze su questa malattia.
Il bambino trisomico 21
Fra tutte le malattie che frenano lo sviluppo dell’intelligenza, la trisomia 21 è ad un tempo la più frequente e la più evidente. Può capitare in tutte le famiglie; è conosciuta in tutti i paesi.
Lungi dall’essere una ricomparsa di caratteri ancestrali provenienti dagli invasori venuti dalle steppe dell’Asia centrale (da cui il nome «mongolismo» proposto un tempo) questa alterazione della morfologia deriva da una realizzazione imperfetta di certe tappe dello sviluppo embrionale. Perciò, l’angolo interno dell’occhio è limitato da una piega cutanea – l’epicanto – che si attenua con l’età; l’angolo esterno delle palpebre è come tirato leggermente in alto e all’esterno, la radice del naso è poco sviluppata, la faccia è molto rotonda, la nuca spessa e l’occipite piatto. Tutta la morfologia dà l’impressione di essere imperfettamente o piuttosto non completamente rifinita. Le dita sono corte, le pieghe di flessione delle dita molto ravvicinate soprattutto a carico del quinto dito e talvolta dell’indice.
Vi sono poi altre anomalie meno visibili ma importanti per la diagnosi, nella disposizione delle impronte digitali e nelle impronte del palmo della mano. Tutti questi sintomi si possono riscontrare in soggetti normali, ma separatamente; solo nei bambini trisomici 21 sono presenti simultaneamente, anche se qualcuno può mancare.
L’insieme di questi segni e non uno di essi preso isolatamente, permette di riconoscere la malattia.
A queste turbe morfologiche si aggiungono, a volte, malformazioni interne. Le più frequenti sono anomalie congenite del cuore di cui la maggior parte è suscettibile di correzione chirurgica completa. Fra queste, le più lievi possono guarire spontaneamente o richiedere un minimo di precauzioni senza bisogno di intervento chirurgico.
L’altra malformazione rara, ma temibile, è l’atresia del duodeno (un restringimento quasi totale del canale digestivo in questa zona). In questo caso il transito è interrotto oltre lo stomaco e l’intervento si impone fin dal primo giorno di vita, altrimenti il bambino non può essere nutrito.
Senza enumerare tutte le altre complicazioni possibili, il quadro generale si può riassumere così: la maggior parte dei lattanti, divezzi e bambini sono esenti da gravi malformazioni e la loro vita dei primi anni è senza particolarità a parte l’aspetto caratteristico (che varia notevolmente da un bambino all’altro) e soprattutto l’ipotonia, cioè l’insufficienza del tono muscolare. Tutti i bambini con trisomia 21 sono troppo calmi, troppo flessibili, troppo languidi.
La maggior parte dei bambini sono esenti da gravi malformazioni. La loro vita dei primi anni è senza particolarità, a parte l’aspetto caratteristico e l’insufficienza del tono muscolare. Il sintomo più grave è il disturbo dello sviluppo dell’intelligenza, che avviene grosso modo a metà della velocità normale.
Se cerchiamo di mettere insieme tutti questi sintomi della malattia ci accorgiamo che nessuno di essi è specifico, che ogni anomalia può trovarsi isolata in altri bambini con cromosomi normali, ma che la loro concomitanza induce a pensare che la «causa» sia comune: un disturbo, una difficoltà nell’attuazione e nella rifinitura di certe strutture embrionali. Un po’ come se un prodotto di costruzione indispensabile all’organismo fosse sottoposto a una limitazione costringendo il bambino a lasciare qua o là un edificio incompleto, donde le malformazioni cardiache, ad esempio, o lo sviluppo insufficiente della faccia, delle ossa proprie del naso, dei padiglioni delle orecchie o delle mani o dei piedi.
Resta il sintomo più grave e che non manca mai: il disturbo dello sviluppo dell’intelligenza. Anche qui, come vedremo più avanti, sembra che l’organismo sia vittima di una limitazione, che il suo rifornimento di certe molecole, indispensabile al funzionamento delle cellule nervose, sia deficiente. Secondo tutti i criteri conosciuti, si può pensare che il cervello stesso sia ben costruito ma che non raggiunga né la sua perfetta rifinitura né il massimo d’efficienza nel funzionamento.
Un cromosoma di troppo
Rimasta oscura per molto tempo, dopo le prime descrizioni cliniche ad opera di Seguin nel 1846, e di Langton Down nel 1866 (donde il nome spesso usato dagli anglosassoni), la natura dell’affezione poté essere definita solo con la scoperta del cromosoma soprannumerario nel 1959.
Il numero normale dei cromosomi in tutte le cellule del corpo umano è di 23 paia (in totale 46 cromosomi) eccetto che nelle cellule germinali al momento della fecondazione nelle quali il numero è di 23 cromosomi. Quindi ognuno di noi riceve dallo spermatozoo paterno 23 cromosomi e altri 23 dall’ovulo materno. Al momento della fecondazione il numero caratteristico della nostra specie è ricostituito, ossia 23 + 23 = 46. Per questo possediamo per ogni paio di cromosomi numerati da 1 a 22 [la ventitreesima coppia nelle femmine è costituita da un paio di cromosomi uguali (XX), nei maschi da una coppia di cromosomi diversi (XY)] un elemento venuto dal padre e uno dalla madre.
I bambini con trisomia 21 hanno tutte le paia di cromosomi normali ma ricevono in più un terzo cromosoma 21 (da cui il nome di trisomia 21) ed hanno così 47 cromosomi invece di 46.
Perché questo cromosoma in più?
Con molta probabilità l’errore si produce al momento della maturazione delle cellule riproduttrici che devono ricevere un solo esemplare di ogni paio per ridurre il numero dei cromosomi da 46 a 23. Per ragioni ancora sconosciute, uno dei cromosomi 21 a volte sbaglia strada e la cellula riproduttrice ne riceve due invece di uno con un totale di 24 cromosomi. Da qui la trisomia dopo la fecondazione con l’apporto di 23 elementi forniti dall’altra cellula riproduttrice.
In certi casi, l’errore si produce al momento delle primissime divisioni dell’uovo fecondato. Il bambino porta allora insieme cellule normali con 46 cromosomi, e una percentuale variabile di cellule trisomiche 21 (con 47 cromosomi). Questi casi di «mosaici» sono rari ma importanti da conoscere perché sembra veramente che il bambino sia tanto meno colpito quanto più le cellule normali sono numerose. (E’ anche possibile — ma attualmente ancora mal spiegato — che certe cellule perdano i cromosomi soprannumerari e in qualche modo si guariscano da sole).
In modo molto generale, si può dire che il 95 per cento dei bambini trisomici 21 hanno una trisomia omogenea a 47 cromosomi, senza che si possa definire la causa diretta dell’accidente.
Tuttavia un fattore influisce molto sul rischio: l’invecchiamento materno. Per esempio, tra i bambini nati da madri giovani — dai 20 ai 35 anni — la frequenza della malattia è dell’ordine di 1-2 casi su mille nascite; passati i 35 anni la frequenza si alza subito fino a raggiungere i 20 casi su mille nascite dopo i 40 anni.
Il rischio è maggiore anche nelle madri molto giovani (meno di 18 anni): si ha l’impressione che la meccanica cromosomica subisca più accidenti al momento del «rodaggio» negli anni più giovani o al momento dell’«usura», verso la fine del periodo della riproduzione. La fisiologia dell’ovaio sembrerebbe dunque giocare un ruolo importante nella precisione del meccanismo.
Di questo una conferma sembra venire dalla segnalazione che l’uso prolungato della pillola che, come si sa, perturba il funzionamento delle ovaie, sembra portare un aumento del rischio della trisomia.
Si accumulano indicazioni che il turbamento, primo responsabile della debilità dell’intelligenza, non sia probabilmente così complicato da capire e soprattutto non impossibile da riparare.
Tutto questo, abbiamo detto, vale per il 95% dei casi. Nel restante 5% il cromosoma 21, invece di essere libero, si trova incollato su un altro cromosoma (spesso un elemento n. 14 o 22). Nella metà circa dei casi questa traslocazione è comparsa per accidente nel bambino stesso o nelle cellule che gli hanno dato vita. Nell’altra metà dei casi uno dei genitori porta egli stesso questa traslocazione e possiede apparentemente solo 45 cromosomi.
Questa particolarità molto rara è importante da conoscere, perché, se la madre ne è portatrice, il rischio della trisomia 21 è molto alto per i figli, quasi 1 su 5; se invece il padre è portatore di questa traslocazione, il rischio è inferiore, di circa 1 su 50.
E’ quindi assolutamente indispensabile esaminare i cromosomi di ogni bambino affetto così come quelli dei suoi genitori.
Questo si fa prelevando qualche goccia di sangue dalla punta di un dito e facendo una coltura di tre giorni in un terreno di coltura speciale. L’esame microscopico permette poi di riconoscere ciascuno dei cromosomi. Nel 95% dei casi, i cromosomi dei genitori sono normali e il bambino porta una trisomia libera; si può quindi concludere che il rischio per un altro figlio non è aumentato e dipende solo dall’età della madre. Nei rari casi in cui si osserva una traslocazione, i genitori possono, con conoscenza di causa, decidere di non aumentare la famiglia.
Talvolta il cromosoma 21 non è trasferito in blocco su un altro cromosoma ma è in qualche modo tagliato in due: un pezzo che si incolla su un altro cromosoma e l’altro che resta libero. Nella discendenza di soggetti normali così costituiti, possono comparire bambini trisomici solo per un piccolo segmento del cromosoma 21. Analizzando questi rarissimi casi si arriva ad identificare gli effetti di un dato segmento e a confermare che un determinato gene che regola una determinata funzione chimica è situato in una determinata zona del cromosoma.
La crescita del bambino trisomico
Fin dalla nascita, che spesso avviene con una o due settimane d’anticipo, il bambino trisomico 21 colpisce, come abbiamo già detto, per l’ipotonia e per un lieve ritardo nella crescita.
Con gli anni questo ritardo si fa più evidente. Per esempio, se osserviamo la curva di crescita dei bambini normali vediamo che i valori dell’altezza e del peso si raggruppano intorno ad una media inquadrata da due curve estreme.
Questa rappresentazione della zona di crescita normale figura in tutti i libri di puericultura. Se la stessa statistica viene fatta nei bambini trisomici 21 ci si accorge che la loro media corrisponde alla curva inferiore che delimita i limiti inferiori normali. Lo stesso fenomeno lo si osserva per lo sviluppo dell’intelligenza misurata con il quoziente intellettivo. Anche qui la curva dei bambini trisomici 21 è spostata rispetto alla norma, ma ancora di più rispetto all’altezza e al peso.
Tenendo conto che i test psicometrici sono imperfetti, che ogni risultato è impreciso e che esistono grandi differenze da un bambino all’altro, si può dire grosso modo che lo sviluppo dell’intelligenza avviene in media ad una velocità che è la metà della normale. Anche qui si ha l’impressione di freno che impedisce in qualche modo alla macchina intellettiva di girare a pieno ritmo.
Le facoltà di astrazione così importanti, per esempio, nel calcolo, sono le più colpite mentre le facoltà morali e artistiche sono indenni. Per questo spesso si dice che i bambini trisomici 21 amano molto la musica, il che è verissimo. Non è tuttavia che siano più dotati degli altri; essendo in loro questa facoltà normale, a fronte di altre ridotte, appare più preziosa. Ne deriva che un trisomico ha le stesse probabilità, scarse, di diventare un musicista di una persona qualsiasi.
La difficoltà di astrazione sembra legata ad una certa pigrizia, ad una «viscosità» nell’ideazione.
Tutto avviene come se — dal momento che la macchina non gira abbastanza svelta — il pensiero non arrivi a formularsi e sia come imbarazzato. Il bambino reagisce a questo «intasamento» come un normale vigile della strada di fronte ad un afflusso di macchine che non va abbastanza veloce: chiude qualche entrata dell’autostrada e blocca qualche circuito. Così il bambino trisomico 21, non riuscendo a sorvegliare tutto insieme, trascura il controllo posturale, rimane a bocca aperta, lascia uscire la lingua. Anche noi facciamo così a volte: il disegnatore che tiene la lingua fuori al momento di tracciare il segno più difficile o l’uomo che resta a bocca aperta ammirando un quadro.
Lo stesso fenomeno si ha nello sguardo, gentile e affettuoso ma sempre un po’ vago. Questo del resto si spiega per il fatto che il tono muscolare dell’iride è più sensibile del normale a certi medicinali.
Prima dell’età della ragione anche il sistema di difesa è imperfetto, notevole la sensibilità alle infezioni respiratorie; è di regola «il naso che cola»; è l’esagerazione della fragilità comune a tutti i bambini. Normalmente si dice — mancando un po’ di rispetto — che i bambini sono «mocciosi» finché non hanno l’uso di ragione. Ugualmente il bambino trisomico 21 supera queste difficoltà pressappoco alla stessa età, spesso con qualche ritardo.
Infine si può dire che il bambino trisomico 21 è sereno, felice di vivere, talvolta un po’ turbolento e che tutte le sue difficoltà si riassumono in una maturazione rallentata. Questo è molto chiaro per l’equilibrio: ad esempio è molto difficile per un trisomico minore di dieci anni tenersi su un solo piede.
Spesso interpretate come pigrizia o paura, le reticenze dei bambini trisomici 21 a compiere certi esercizi (come salire o scendere le scale) dipendono semplicemente dal fatto che i loro meccanismi neurologici sono meno precoci che nei normali.
Per far fronte a tutte queste difficoltà siamo ancora molto indietro dal punto di vista medico. Certamente l’uso giusto di certe vitamine (la vitamina B6) e di certi prodotti naturali ha un interesse reale ma minore. Resta che l’educazione paziente e continua, unita ad un affetto senza debolezze da parte dei genitori e degli altri, sono i mezzi migliori per aiutare il bambino a raggiungere lo sviluppo migliore. Giunti all’età adulta, si può dire che la maggior parte di loro sono persone simpatiche. Spesso hanno più facilità a vivere dei cosiddetti normali. Bisogna però fornir loro un ambiente protetto, un lavoro a loro misura e sempre un affetto senza limiti. Questo è vero per tutti. Inoltre sappiamo bene che alcuni di essi sono soggetti — con una frequenza troppo grande — ad avere momenti depressivi, periodi di regresso e di disinteresse che ricordano fortemente una malattia legata agli effetti dell’invecchiamento, la malattia di Alzheimer. Sembra che la carenza di certi prodotti indispensabili al funzionamento del sistema nervoso ne sia la causa. Se questa ipotesi potesse venir confermata (Ndr vd. gli sviluppi nel 2014) ne risulterebbe una vera rivoluzione nella medicina dell’intelligenza, come vedremo più oltre.
L’avvenire della ricerca
L’impressione di rifinitura imperfetta, di regolamento e di controllo insufficienti, già evocati a più riprese, deve essere sottoposta al vaglio della ricerca sperimentale.
Così si è potuto mostrare che alcuni enzimi (sono le macchine-utensili dell’armamentario biochimico delle cellule) erano più attive nei soggetti con trisomia 21. E questo si capisce facilmente: i geni che comandano la fabbricazione di queste macchine utensili che hanno due cromosomi di ogni paia, fabbricano due quantità di enzimi; i trisomici 21, avendo tre cromosomi del paio 21, fabbricano una triplice quantità di quegli enzimi diretti da quel cromosoma.
Tre geni dunque che controllano reazioni chimiche precise sono localizzati sul 21. Questi risultati sono troppo recenti perché si possano ora riallacciare questi fenomeni alle osservazioni cliniche già discusse. Tuttavia questo campo di ricerca offre importanti prospettive.
Un altro modo di veder le cose è notare che numerose altre malattie, molto diverse dalla trisomia 21, portano anch’essa ad una debilità dell’intelligenza. Enumerare ed analizzare in dettaglio queste affezioni uscirebbe dal quadro di questo articolo, ma è possibile schematizzare le conclusioni per quanto provvisorie e ipotetiche siano. Sembra che uno dei meccanismi biochimici più importanti per il buon funzionamento delle cellule nervose sia il rifornimento costante in quantità appropriata e al momento giusto di certe molecole portatrici di «radicali monocarbonati». Questi radicali che contengono un solo atomo di carbonio sono in qualche modo le pietre da costruzione che le cellule nervose adoperano per costruire le loro membrane e le guaine isolanti che proteggono i nervi contro i cortocircuiti.
D’altra parte questi stessi radicali monocarbonati servono a costituire delle molecole molto particolari che, simili a chiavi di sicurezza, fanno funzionare le serrature delle cellule nervose aprendo un circuito o chiudendone un altro.
Ora, si sa che praticamente tutte le malattie che risultano da un turbamento chimico conosciuto e localizzato, e capaci di disturbare lo sviluppo dell’intelligenza, hanno anche come conseguenza di diminuire l’approvvigionamento di quelle parti indispensabili quali sono i monocarbonati.
Questa ipotesi generale è lungi dall’essere dimostrata ed è pensabile che anche altri meccanismi siano nei trisomici 21 inceppati (difficoltà del metabolismo dell’ossigeno per esempio), ma l’interesse più grande dell’ipotesi non è di prevedere a colpo sicuro in che modo la natura è fatta. Molto più modestamente le ipotesi scientifiche ci indicano in quale direzione e in che posto la natura deve essere interrogata per fornirci la risposta.
Raddrizzare il destino
Davanti a queste prospettive aperte ai ricercatori, si potrebbe pensare che tutta la comunità scientifica sia attivamente presa da queste ricerche.
Purtroppo la verità è ben altra e non si può capire come una parte dei medici sembri presa da disperazione. Non sapendo ancora guarire i loro pazienti, propongono di eliminarli!
Esattamente questo risultato si ottiene con la diagnosi prenatale della trisomia 21. Prelevando verso il quarto mese un po’ di liquido amniotico nel quale nuota il bambino, si possono coltivare le sue cellule e riconoscere eventualmente la presenza del cromosoma 21 sovranumerario (o qualsivoglia altra anomalia cromosomica o biochimica).
Se avessimo un rimedio efficace che permettesse di guarire il bambino trisomico in-utero, questa amniocentesi sarebbe di grande utilità. E’ il caso, ad esempio, dell’incompatibilità Rhesus nella quale l’amniocentesi permette di conoscere lo stato del bambino per praticare, se necessario, una trasfusione in-utero e ottenere così la guarigione.
Nel caso di malattie biochimiche o di malattie cromosomiche come la trisomia 21, nessuna cura sul feto è disponibile e alcuni propongono di eliminare la malattia con un aborto. In certi trattati recenti si arriva a definire questa decisione con il termine di «cura»! Come se l’eliminazione di un malato avesse mai voluto dire la vittoria sulla malattia!
Tutta la storia della medicina ci insegna che non sono quelli che soffocavano fra due materassi gli ammalati di rabbia, o quelli che bruciavano gli appestati nelle case che hanno liberato l’umanità dalla peste o dalla rabbia. Bisogna vincere la malattia e non braccare il malato.
Certo sarebbe disonesto pretendere che la ricerca sia alla vigilia di una scoperta definitiva. Non abbiamo ancora un vero trattamento curativo della trisomia 21. Eppure si accumulano le indicazioni che il turbamento fondamentale, primo responsabile della debilità dell’intelligenza, non sia probabilmente così complicato da capire e soprattutto non sia impossibile riparare.
Senza cadere nella fantascienza, sembra ragionevole pensare che, se i paesi civili decidessero un assalto contro le malattie dell’intelligenza potente quanto lo sforzo impiegato per la conquista dello spazio, il successo sarebbe assicurato. Potrebbe risultare meno difficile e meno costoso aiutare lo sviluppo dell’intelligenza di un piccolo uomo sulla terra che mandare un cosmonauta sulla luna.
Senza fare il profeta, mi sembra che la prossima generazione giudicherà la nostra molto severamente per aver disperato quando gli indici di successo possibile si ammucchiavano nei laboratori.
In ogni modo, il buon uso della medicina detta la nostra condotta. Di fronte al compito enorme e alla terribile necessità di riuscire il nostro dovere si riassume in una parola: non abbandoneremo mai.
(Articolo tratto da Ombres et Lumière n. 50)
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.4, 1984
SOMMARIO
Editoriale
"Il mio bambino con la sindrome Down" di Mariangela Bertolini
Dossier: Trisomia 21
Trisomia 21 di Jerome Lejeune
Saverio di Marie N. Lauth
Quando la vita è così difficile di Gilberte Roger N.
Andrea a scuola di Anna Bernardi
Quando sono adulti di Jean Vanier
Il lavoro di Gianni di Sergio Sciascia
Rubriche
Dialogo Aperto n.4
Vita Fede e Luce n.4
Libri
La debilità mentale, Autori vari
I giullari di Dio, Morris West
Meb, pittore gioioso, Marie-Luise Eberschweller