«Ci sono momenti in cui il vaso è troppo pieno. La misura è colma. Arrivo a non poter più sopportare il mio figlio maggiore! Le sue imperfezioni, incapacità, errori, goffaggini, tutto mi esaspera. Una sua parola gentile mi irrita; anche le sue manifestazioni di affetto mi infastidiscono. Questa sera, mentre mia moglie lavava i piatti, è venuto ad abbracciarmi con il suo grande sorriso e la sua semplice gioia. Io ho soffocato a fatica l’istinto di scostarlo.
– Un papà
Nella nostra vita di genitori c’è un momento molto duro da sopportare.
È il momento in cui cediamo ai nostri nervi, alla collera, alle parole e ai gesti violenti, persino alla tentazione del rifiuto di nostro figlio. Quanto ce ne rimproveriamo in seguito!
Certamente c’è una grande differenza tra l’irritazione momentanea e uno stato di esasperazione continua.
Il bambino che giocherella invece di vestirsi, che si chiude nel mutismo, che perde il terzo paio di guanti, che lascia cadere ogni cosa, che scappa di mano quando si è per la strada è…snervante. Con i nostri figli disabili o comunque in difficoltà ogni azione richiede il doppio di tempo e di impegno ed è doppiamente snervante. Se ci arrabbiamo un po’, se alziamo il tono di voce, non c’è motivo di sentirci colpevoli. Questa reazione è umana e ci libera dalla tensione.
Se invece ci capita di usare maniere davvero pesanti, è solo scusandoci poi con il bambino che potremo ristabilire un rapporto sincero e amichevole. «Scusami, sono stato troppo nervoso, ma per me è importante che tu stia attento a ciò che ti chiedo».
Se poi il nervosismo ci invade troppo spesso, dobbiamo domandarci:
Abbiamo espresso con chiarezza le proibizioni e gli avvertimenti?
(I genitori avevano proibito a Luca di guardare da solo la televisione: lo trovarono un mattino davanti al piccolo schermo e non sembrava affatto consapevole di avere disobbedito.)
Gli abbiamo lasciato il tempo sufficiente per raggiungere il risultato che attendiamo?
(È inutile rimproverargli di far tardi a scuola se lo svegliamo solo un quarto d’ora prima di uscire di casa).
—Ci concediamo il giusto riposo per poter tenere saldi i nostri nervi?
Lo so, a volte è quasi surreale dire a una mamma: «Si riposi». Ciononostante non siamo di ferro. Un giorno durante un incontro di condivisione sul perdono mi è stato domandato: «Hai dei nemici?» Ho risposto: «Ho un solo nemico: la fatica».
Quando ci si rende conto di non farcela più bisogna stabilire dei turni e trovare qualcuno che ci sostituisca. I papà prima di tutto, se possibile. Si può cercare una sostituzione rivolgendosi ai padrini, agli zii a una nonna, a un’amica, ai membri di «Fede e Luce». Certe famiglie spesso sono molto isolate e temono di disturbare chiedendo aiuto. Affidare ad una persona il nostro “bambino difficile» (che senza dubbio sarà meno «difficile» fuori di casa) significa darle l’occasione di conoscere il nostro bambino e di donare il meglio di sé.
Molte persone, anche vicine a noi, non sanno cosa fare «per aiutare». Facciamoci coraggio: chiediamo aiuto.
Può succedere che l’esasperazione diventi cronica e appaia come un vero e proprio rifiuto del bambino. Tutto diventa pretesto per uno scatto d’ira, ci sentiamo aggrediti per il più piccolo errore (e con i nostri figli questo non manca mai), ma anche per un piccolo gesto di affetto. La presa di coscienza in questi casi non è sempre facile.
Un giorno, mentre mi innervosivo violentemente per la difficoltà di mio figlio ad acquisire alcune nozioni semplici, ebbi ad un tratto coscienza di un fatto evidente «Ma non è colpa sua». Da quella volta non posso dire di non essermi più innervosita, ma tutto è cambiato.
Sì. i nostri bambini sono innocenti. Non voglio dire che non hanno coscienza del bene e del male, la maggior parte di loro la possiede, ma sono innocenti di essere quelli che sono, non sono responsabili della situazione esasperata e contesa che si crea intorno a loro. Lo sblocco della situazione può venire solo dai genitori.
Alcuni di loro hanno la consapevolezza di essere ingiusti nei confronti dei figli ma non sanno come uscire da questa situazione
Ho un’amica che ha due figli handicappati. Mentre si occupava del primogenito con grande pazienza e intelligenza, non sopportava il secondo figlio. E se ne rendeva conto. Ne parlavamo spesso. Si sforzò allora di trascorrere qualche ora, ogni settimana, sola con questo bambino. Lo accompagnava al cinema, da Mac Donald, a una messa.
Dopo qualche mese ho visto placarsi il nervosismo cronico di questa mamma.
Una nonna aveva grande difficoltà ad accettare la nipotina disabile eccessivamente invadente. Un giorno, durante la preghiera, si è resa conto del suo atteggiamento così ingiusto nei confronti della bambina.
La verità rende liberi.
Dal quel momento ogni giorno supplicò il Signore di cambiare il suo cuore di pietra in un cuore di carne, perché per lei era impossibile. Senza dubbio il suo desiderio è stato esaudito: diventata adulta, la ragazza considerata difficile, rimpianse sempre la sua nonna che l’aveva tanto amata.
Una visione chiara della situazione non porta obbligatoriamente la calma e la serenità nelle famiglie ma è certo 1 inizio di un cammino che conduce verso la pace del cuore.
– S. Meynis de Paulin (OeL. n. 124)
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.71, 1999
Sommario
Editoriale
Accostarsi alla verità di M Bertolini
Articoli
Mio figlio mi esaspera di M. De Paulin
Una scelta diffìcile di Tea Cabras e Nicole Schulthes
Prova a capire quel che non dico di Anonimo
Il dono di un volto - Catechesi espressiva Istituto Sacra Famiglia
Per cercare la verità di J. Vanier
Libri
Le A della vita – Recensione libro, A. Barre
Un giorno dopo l’altro – Recensione libro, AA.VV.
Il Disabile nella Società: Prospettive di integrazione – Recensione libro, P.F. Angelini
Rubriche
Vita Fede e Luce
La rivincita di Tommi di S. de Rino
La prima notte in campeggio di S. de Rino
"Gesù, basta acqua!" di L. Brambilla
A galla sulla camera d’aria di S. de Rino
Si Chiude di S. de Rino