È stato uno degli ultimi grandi eventi cinematografici internazionali svoltisi prima delle restrizioni provocate dal codiv-19 il Sundance Film Festival. Ma se, causa pandemia, il destino distributivo di molti dei film presentati lì (e poi a Berlino) è ancora incerto, Netflix può invece giocare d’anticipo presentando ai suoi abbonati una produzione originale che ha vinto il premio del pubblico nella sezione dei documentari. Parliamo di Crip Camp (2020), coprodotto dai coniugi Obama, che ricostruisce l’ascesa del movimento americano dei diritti civili per le persone con disabilità, movimento molto meno noto rispetto a quello dei neri o delle donne.
James Lebrecht, che ha diretto il film assieme a Nicole Newnham, è anche uno dei narratori della storia, nonché uno dei protagonisti. “Sono nato con la spina bifida. Non pensavano che vivessi più di un paio d’ore. A quanto pare, avevo altri piani” racconta all’inizio di Crip Camp mentre scorrono le immagini della sua infanzia.
Dopo un breve excursus sulla giovinezza di Lebrecht, che si incastra con le storie di altre persone intervistate, scopriamo che il punto d’incontro tra tutti loro è stato Camp Jened, un campo estivo per persone con disabilità attivo dal 1951 al 1977. Nell’epoca di Woodstock e della cultura hippie, i giovani che avevano difficoltà motorie o intellettive ne erano sostanzialmente esclusi, con i più sfortunati costretti a vivere in strutture pubbliche in condizioni atroci. Per molti ragazzi degli anni Sessanta e Settanta Camp Jened ha rappresentato quindi un’occasione unica per assaporare appieno la giovinezza, come era sostanzialmente impossibile fare nelle loro vite quotidiane.
I volontari che lavoravano a Camp Jened erano spesso hippie senza alcuna esperienza, ma lo scopo del campeggio era divertirsi, interagendo con decine di altre persone con problemi simili. Sentirsi cioè finalmente parte di un gruppo, anziché ai margini della società. Ogni tipo di disabilità, anche la più grave, era ben accetta; tutti aiutavano tutti. Ognuno dei partecipanti scoprì così cosa implicasse vivere in una comunità senza mai sentirsi esclusi dalla maggioranza trovandosi tutti nelle stesse condizioni. Camp Jened fu un’esperienza limitata nello spazio e nel tempo capace però di mettere in moto una vera rivoluzione.
Judy Heumann, che frequentò Camp Jened dai 9 ai 18 anni, ha raccontato che in quelle settimane estive condivise con gli altri tante gioie ma anche la rabbia per il modo in cui le persone con disabilità erano trattate altrove e la frustrazione per la mancanza di future opportunità. È stata soprattutto lei, aiutata anche da alcuni ex compagni di Camp Jened, il volto della battaglia per i diritti civili delle persone con disabilità negli Stati Uniti, volta a ottenere conquiste che allora sembravano lontanissime, come l’accessibilità ai luoghi pubblici e ai mezzi di trasporto.
Il film illustra le difficoltà di questa battaglia politica e sociale che ha cambiato il volto degli Stati Uniti abbattendo via via, con estrema fatica, le barriere architettoniche e culturali. È una storia che pochi conoscono e che Crip Camp presentata con l’entusiasmo e la vitalità tipica di quel cinema civile che cerca di raccontare un mondo migliore. Spiegando che i grandi cambiamenti, incluse le conquiste che ora sembrano scontate, non accadono mai da soli.
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