Un uomo solo in uno spazio urbano immenso. Un uomo solo, claudicante, sotto la pioggia nell’ora in cui il giorno lascia il campo alle tenebre. Un uomo solo accompagnato dall’accavallarsi di campane e ambulanze, fragile e fortissimo assieme nel portare a Dio il dolore del mondo, e la speranza della fede. Quando ha preso la parola – da principio affaticato per il cammino compiuto – quell’uomo ha citato un’immagine molto cara alle comunità di Fede e Luce.
«Da settimane sembra che sia scesa la sera – ha detto Papa Francesco venerdì 27 marzo da una piazza San Pietro nuda come mai l’abbiamo vista e mai, probabilmente, la rivedremo – Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio: si sente nell’aria, si avverte nei gesti, lo dicono gli sguardi. Ci siamo trovati impauriti e smarriti. Come i discepoli del Vangelo siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa. Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti».
Una barca è il simbolo di Fede e Luce. Una barca che trasporta dodici piccole figure circondate da un cielo carico di nubi e da alte onde. Una barca per incarnare una comunità che vive, ama, soffre, gioisce e lotta, insieme. Papa Francesco parlava al mondo e del mondo, ma noi ci siamo sentiti – per una volta almeno – in prima fila.
Noi, che sappiamo benissimo come non sia possibile «andare avanti ciascuno per conto suo»; che la sola strada per affrontare le difficoltà e far germogliare la vita è sempre e necessariamente quella di procedere insieme. Non a caso Insieme si chiamava il primo ciclostile della rivista che quasi quarant’anni fa Mariangela Bertolini volle diffondere tra le famiglie di persone con disabilità per farle sentire almeno un pochino meno sole.
Il Papa ha proseguito a parlare, ha continuato nella sua preghiera che noi, proprio noi, capivamo benissimo, anche se a volte abbiamo difficoltà a sentire, a concentrarci, a comunicare, a vedere, ad ascoltare. Noi lo conosciamo fin troppo bene questo mondo assorbito dalle cose e dalla fretta, questo mondo sordo perché fatto di tanti ciechi imperterriti, convinti di essere sani, forti e capaci di tutto.
Solo, sofferente e bagnato, Francesco non ha parlato a noi, di noi o per noi venerdì 27 marzo. Francesco ha parlato con noi.
«Perché avete paura?» chiede, svegliatosi, Gesù ai discepoli. Meb – l’artista con la sindrome di Down che quasi cinquant’anni fa ha realizzato il logo di Fede e Luce – ha disegnato delle onde che si placano, man mano che si avvicinano alla barca. «Gesù – spiegò all’epoca a Marie Hélène Mathieu, fondatrice del movimento – dorme sul fondo della barca, non bisogna avere paura, egli veglia sui passeggeri».
Lo ha detto oggi Papa Francesco, lo ha detto ieri Meb perché da secoli e nei secoli lo dice il Vangelo. Piove, a volte, molto spesso; si è soli con il dolore del mondo, a volte, molto spesso. Ma «Tu hai cura di noi»; Tu ci hai insegnato la cura.
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