È stata davvero una sorprendente sorpresa la lettura del messaggio che Papa Francesco ha inviato per la Giornata mondiale delle persone con disabilità lo scorso 3 dicembre. Un discorso attento, luminoso e profondo non solo nel contenuto, ma anche nella scelta delle parole. Prendendo posizione a favore della cultura dell’incontro e di una vita “di qualità”, denunciando discriminazioni e rifiuti, con il suo discorso Bergoglio ha segnato una tappa cruciale: non ha mai utilizzato parole come malato o malattia, né ha parlato di disabili, ma si è riferito sempre e soltanto alle “persone con disabilità”. E siccome (per dirlo con Luce Irigaray) parlare con è mai neutro, si tratta di una scelta che davvero segna un cambiamento storico nei confronti della disabilità. Il Papa invita a farsi carico “con forza e tenerezza” delle situazioni di marginalità, a procedere insieme in un cammino che – sebbene “esigente e anche faticoso” – è indispensabile per garantire a tutti “una partecipazione attiva alla comunità civile ed ecclesiale”. Perché sono ancora troppe le persone che “sentono di esistere senza appartenere e senza partecipare”, perché è ancora imperante quel “peccato sociale” che “considera alcune vite di serie A e altre di serie B”. Tutto nella certezza – che Ombre e Luci condivide, e di cui si fa portavoce da oltre 35 anni – che la “persona con disabilità, per costruirsi, ha bisogno non solo di esistere ma anche di appartenere ad una comunità”.
Questo articolo è tratto dalla
Newsletter n. 6 – Sguardo rivoluzionario
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