Saranno molto sorpresi, non sapevano chi era Gesù, forse non avevano sentito di lui, o più semplicemente non si sono preoccupati di lui, direttamente, quando si erano commossi a vedere uomini e donne che stavano male. Forse erano cristiani, forse no. Vedevano solamente persone che non erano riconosciute dagli altri nella loro dignità personale, e il loro cuore si era sconvolto. Pensavano, o forse non ci pensavano nemmeno, che bastava amare, cioè dare del proprio tempo, senza calcolare, con abbondanza e grande libertà.

La tradizione del popolo d’Israele, la Bibbia, il Primo Testamento, aveva parlato di questo atteggiamento profondamente umano, e vi aveva riconosciuto un modo divino d’essere, cioè un modo talmente umano che non poteva non essere un segno di un Dio d’amore. Il profeta Isaia diceva che sarebbe venuto un uomo che avrebbe annunziato ai prigionieri il lieto messaggio della liberazione, ai ciechi la vista, la libertà agli oppressi. Gesù, la prima volta che parlò in pubblico, nella sinagoga di Nazareth, disse che, secondo lui, il messaggio del profeta descriveva ottimamente ciò che egli stesso voleva propriamente fare.

Dare da mangiare a chi aveva fame, vestire chi era nudo, chi non aveva alcuna protezione contro il freddo o che era oppresso da un sentimento di vergogna per se stesso, visitare l’ammalato e l’incarcerato, l’escluso, il rigettato senza amore. La volontà di Gesù non era, però, solamente di dare del suo bene, della sua ricchezza, ma di identificarsi in chi ha fame (come quando stava nel deserto, tentato dal diavolo), di identificarsi in chi era senza niente (non aveva una pietra dove riposare il capo), di identificarsi in che era in carcere (come quando stava in croce, tra due banditi).

Strano e stupendo destino di Gesù, salvatore di chi ha fame (la moltiplicazione dei pani), di chi era nudo (il suo atteggiamento da buon samaritano), di chi era in carcere («stasera stessa sarai con me nel paradiso»). Così facendo, Gesù agiva come Dio, il quale non distingue tra le persone, che le ama tutte, dal più profondo del suo cuore. Gesù non era solo un segno dell’amore di Dio. Era la presenza incarnata dell’amore di Dio in mezzo a noi.

Stefano, tu queste cose le sapevi.

-di Paul Gilbert, S.I., 2015

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.132, 2015

SOMMARIO

Editoriale

Nessuno resti solo di Cristina Tersigni

Speciale - Nessuno resti solo

Figli delle stelle di Stefano Di Franco
Te lo ricordi frate’? di Francesco Iellamo
Ehi campione, come va da lassù? di Benny
Con gli occhi di un bambino di Emanuele Mendola
Una piccola barca di Domenico e Filippo Pescosolido
Cose che sapevi? Omelia di p. Paul Gilbert

Dossier - Fuori dell’acquario?

Fuori dell’acquario di Rita Massi
All'interno: interviste di Lorenza, Alessandra, Riccardo, Lorenzo, Tiziano, Tiziana, Marco, Gabriele, Piercosimo, Efrem, Angelo, Laura, Chiara, Francesco, Andrea, Paola, Veronica, Livia.
Un altro anno di Giovanni Grossi

La lezione del femminismo di Nicla Bettazzi
Siamo tutti un po’ supereroi di Emanuele Mendola
Amici di Simone di Francesca

Rubriche

Dalle Province n.132
Viola e mimosa di Giulia Galeotti

Cose che sapevi? ultima modifica: 2015-12-20T16:58:51+00:00 da Paul Gilbert

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