I suoi nonni lo avevano capito in fretta ancora prima dei suoi genitori che bambino era Lui. Nella loro vita avevano visto troppe volte come si muovono, come piangono, come mangiano i bambini “normali”. E avevano scoperto che Lui “normale” non era. Avevano pianto, ma soltanto da soli nella loro casa, avevano anche protestato e recriminato, come si fa, contro la sorte. Ma solo all’inizio. Poi basta. Poi lo avevano amato. La gioia con cui lo avevano atteso, la felicità di vederlo appena venuto al mondo, non era niente rispetto al sentimento che li legava a Lui man mano che i giorni passavano e il suo “essere diverso” diventava più chiaro. Inventarono da soli, senza psicologi e libri specializzati che allora erano assai più rari, un metodo nuovo per stare vicino ad un bambino “così” e ai genitori di un bambino “così”. La nonna era più ispirata ma il nonno era attentissimo e imparava presto.
Lui era piccolo, un po’ troppo piccolo, ma loro proclamavano con fierezza: “È una miniatura perfetta!”
E così… lui non piangeva, non urlava la sua fame, il suo mal di pancia perché “Lui era un bimbo buono, non voleva disturbare nessuno…”
Lui prendeva il latte solo con il cucchiaino, addormentandosi, rifiutando di aprire la bocca… “perché aveva altro per la testa… chissà a cosa pensa…”
Ma quando la tazzina finalmente era vuota, o quasi vuota, si celebrava una piccola festa, ogni volta. Lui era stato bravo, bravissimo… “e guardate che fame ha oggi…” “da oggi sì, si cresce sul serio…”
E se il pasto era durato un’ora o un’ora e mezza e già ci si doveva preparare per il pasto prossimo con tiralatte e bollitore, e se il braccio era intorpidito, niente aveva più importanza.
E cosi passavano i giorni. I suoi coetanei da un pezzo stavano già seduti bene dritti ma quando Lui cominciò a guardarsi in giro e a tendere le manine, fu festa grande. “Bravo, bravo. Ogni giorno un passetto… piano, piano arriva a tutto anche Lui…” Eh sì, lui si prendeva tanti di quei complimenti per quei piccolissimi gesti che gli altri, “i normali”, neanche se li sognavano.
“Voi non lo capite – diceva la nonna – non vedete tutto quello che fa…” E intanto gli parlava, gli parlava continuamente e le canzoncine della lepre pazza e del cestino di pizzutello riempivano le sue giornate. E quando il nonno tornava dalla scuola era sempre con lei, vicino a Lui. Insieme avevano ideato piccoli, semplici giochi che, quando Lui stava bene, riuscivano a farlo sorridere. Li ricordo così: la nonna è seduta nella poltroncina di vimini e Lui è seduto sulle sue ginocchia. Piccolo, un po’ pallido, la testina rotonda protesa in avanti. Si vede che è contento: un piccolo principe su un trono d’amore. Lui, il nonno, il severo professore, è nel corridoio, subito fuori dalla stanza e si trascina dietro, legato con una cordicella un cagnolino di stoffa (o un asinello?) che muovendosi fa un allegro rumore di campanelli. Il nonno tira il cordino, la nonna sollecita il suo principino a guardare verso la porta. Lui guarda, guarda intento fino a che nel vano illuminato compare il nonno seguito dal rumoroso animaletto. E Lui ride, ride davvero con un piccolo rumore di gioia. Ride proprio quando compare il nonno e, ancora di più, quando scampanellando si affaccia l’animaletto. Quante volte avranno ripetuto quel gioco per ottenere quel risultato? Quante volte lei avrà detto “guarda, guarda là, arriva” prima che Lui si decidesse a guardare, a mettere a fuoco, ad aspettare, a divertirsi, a ridere? Ma quanta festa in quel giorno. I nonni chiamarono la mamma, la tata e gli zii disponibili. E il tutto fu ripetuto più volte quando il Suo papà tornò dal lavoro.
Una festa grande. Il suo sguardo sorpreso e divertito, i visi radiosi, trionfanti dei nonni, e noi due che ingoiavamo le nostre paure e riuscivamo ad essere felici per qualche ora…
Poi vennero altri giorni, tristi e difficili. Ma ora che loro non ci sono più, che tutti e tre in un altro mondo si amano per sempre li voglio ricordare così in un momento di gioia grande, nato da un amore senza limiti. E il mio cuore è pieno di riconoscenza.
– Maria Teresa Mazzarotto , 1997
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.60, 1996
Sommario
Editoriale
Dai nonni una tenerezza in più di M. Bertolini
Articoli
I suoi nonni di M.T. Mazzarotto
Non voleva bene a Sofia di una mamma
I nonni possono fare molto di M. O. Réthoré
Dedicato ai bambini: Carlo di Pennablu
L’aiuto spirituale dei nonni di H. Bissonier
Non dopo di noi, ma prima di N.Schulthes
La madre di famiglia