Quando Tommaso mi ha fatto leggere il suo articolo sulla cresima la domanda è sorta spontanea «Ma come non hai detto nulla sullo splendido padrino di Mario?». Per porre rimedio a questa «mancanza» nascono queste righe. Righe per raccontare un’amicizia, righe per raccontare una grande gioia.
La nostra amicizia (di Mario e mia, sperando che lui non si offenda se la do per scontata) è ormai dodicenne. Eravamo entrambi usciti dai teen-agers. Io cominciavo l’università e Mario andava al Voita.
Oggi: io mi sono laureato, lavoro da sei anni e (ci mancava solo questo) mi sono anche sposato; Mario ha cambiato scuola, va in piscina, fa i campi di Fede e Luce, è ingrassato (questo anche io) ed è coccolato da tanti amici, oltre che da tutta la sua dolce-dura famiglia, tutta femminile.
Quando ci siamo conosciuti non è stato proprio semplice. Ti si dice « Sei uno dei pochi maschi del gruppo sarebbe necessario che stai con Mario» «Ma come io passerei tutto il tempo con Elena e voi volete che sto con Mario? Vabbé mi sacrifico (scherzo)». Mario, che proprio tontolone non è, capisce tutto al volo e mi punisce: pizzichi e morsi (il più delle volte meritati, altre volte, i più dolorosi, incomprensibili) si sprecano.
Lunga e difficile è la strada della conoscenza.
Con le parole di un libro sulla metafisica deH’alpinismo (Il monte analogo , R. Daumal) posso descrivere come è nata e cresciuta la nostra amicizia: «Camminare insieme , parlare , mangiare , tacere insieme , ecco quello che possiamo fare oggi. In seguito, credo avremo occasione di agire insieme di soffrire insieme – e ci vuole proprio tutto questo per fare conoscenza, come si usa dire».
Io e Mario in questi 12 anni abbiamo camminato molto, parlato non tanto, mangiato tantissimo, sofferto (purtroppo) e gioito (per fortuna). Molte di queste cose le abbiamo fatte e condivise insieme, e da queste cose è nata la nostra conoscenza, la nostra amicizia.
Fin qui si è parlato di conoscenza ed amicizia. Mi si dirà: «Ma questa la potevi fare pure frequentando un CRAL aziendale?» Certo, ed infatti Fede e Luce non è altro che il dopolavoro… Stop perché poi mi censurano tutto l’articolo.
Fede e Luce per me è sempre stata, da quando non ho l’età della ragione, un luogo privilegiato di incontro dell’altro, di chi mi è di fronte. Il passaggio successivo è stato (anche se può sembrare strano): cercare di capire un pochino meglio quello che sono e quello che ho dentro ma attraverso l’altro, che è profondamente uguale a te con le sue bellezze e i suoi problemi).
Ultimo passaggio (sempre dibattuto e rimesso in discussione) è quello della Fede. Fede e Luce è anche o, meglio, è solo un’esperienza spirituale. Scoprire l’altro, riconoscere che, nella diversità, è uguale a te, riconoscersi deboli e necessari l’uno all’altro non è altro che esperienza e conoscenza di Gesù Cristo.
Io e Mario in questi 12 anni abbiamo fatto sostanzialmente questo.
Esperienza e conoscenza reciproca di noi stessi, scoperta del piccolo che è in ognuno di noi ed infine e sostanzialmente esperienza di Dio. Per questo essere padrino di Mario è stata una grande gioia.
– Stefano Artero, 1996
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.56, 1996
Sommario
Editoriale
Care sorelle, cari fratelli di M. Bertolini
Esperienze di fratelli e sorelle:
Dondolando tra l’amore e l’odio
Lo sguardo degli altri
Quando l’amore è mancato
Solitudine nella sofferenza
Finalmente sei arrivata!
Perché non mi capisci
Mi ha insegnato ad amare
Genitori: non fateci arrabbiare
Una sorella agli amici
Fratelli nella notte
Altri articoli
Vieni spirito di vita di Silvia e Monica
Il nostro cammino di Tommaso Bertolini
Essere padrino di Mario di Stefano Artero
Recensioni
Bambino con handicap, J. Levine
Ogni uomo è una storia sacra, J. Vanier
La morte amica M. de Hennezel
Recensione del film "L’ottavo giorno"