Il desiderio che sta alla base di questa veglia di preghiera è quello di utilizzare diversi canali di comunicazione (la parola, le immagini, le luci, i suoni, i simboli) perché tutti possano comprendere il messaggio fondamentale che essa vuole rivelare: il Signore ci libera dal male.
La vita dell’uomo è segnata dalla paura, da molte paure diverse, che l’uomo cerca di combattere e che rendono la sua vita triste, priva di luce.
Affidandosi alle sue sole forze egli non riesce a liberarsi e questa paura, questo male, sembra sempre averla vinta, lasciando l’uomo nelle tenebre.
Il Signore Gesù ci ha insegnato che il Padre che è nei cieli protegge i suoi figli, e li conduce sulla strada della gioia. Con il suo aiuto la nostra vita ritrova la luce che può rischiararla.
Come dire tutto questo in un modo che non fosse troppo difficile? Noi ci abbiamo provato così…
I nostri mali e le paure
Al centro della basilica di S. Francesco è allestita una pedana, intorno sono disposte le panche, le sedie e i cuscini per i pellegrini.
Viene portato un braciere acceso al centro della pedana. La sua fiamma rappresenta la luce della gioia, dell’incontro con Dio e con i fratelli.
Voci diverse scandiscono frasi che esprimono le paure dell’uomo. Le 6 paure che abbiamo scelto di prendere in considerazione sono rappresentate da sei persone vestite di nero.
Ogni volta che viene nominata una paura, una delle persone sale sul palco, assumendo una posizione che evochi, in qualche modo, ciò di cui si sta parlando.
- La paura della solitudine (accovacciato, con le braccia incrociate davanti al volto)
- La paura della malattia (in piedi, con le mani premute sulle tempie… quasi a dare la sensazione del dolore)
- La paura del peccato (in piedi, un braccio piegato copre il volto)
- La paura del futuro (in piedi, una mano copre gli occhi, l’altra, a braccio teso, come a bloccare qualcosa che minaccia)
- La paura di non essere amati (in piedi, con le braccia abbandonate lungo i fianchi e la testa ciondoloni)
- La paura della morte (la persona ha un poncho dotato di cappuccio che, a mano a mano, va a coprirgli il volto. In corrispondenza con la seconda parola — «Il vuoto.»
— le luci della basilica si abbassano. Resta solo la luce del braciere e un’altra luce bassa sul fondo della chiesa.)
Le sei figure si raccolgono intorno al braciere oscurandone la fiamma.
L’uomo è nell’oscurità, le paure lo circondano, si sente abbandonato da tutti, forse anche da Dio…
Una voce fuori campo legge il Salmo 13 (12) accompagnato dal ritornello «Questa notte…» cantato da tutta l’assemblea.
L’uomo cerca di liberarsi da solo
Ma l’uomo cerca di liberarsi da solo dal male, raccoglie le forze e si ribella, riuscendo a intravedere la luce. Purtroppo però sono solo degli abbagli. Mentre vengono scandite nuove frasi che esprimono questi tentativi, una persona sposta le figure che circondano il braciere.
Tutti gli sforzi sono inutili: quando una figura si allontana, quella spostata in precedenza recupera la posizione.
Questi movimenti sono accompagnati da lampi improvvisi di luce. L’uomo da solo non è abbastanza forte, ha bisogno dell’aiuto di Dio.
Il lettore legge Geremia 17,5-8, accompagnato da una risposta dell’assemblea: «Benedetto l’uomo che confida nel Signore».
Dio ci libera dal male
La chiesa, fino ad ora silenziosa, viene invasa da una musica rasserenante (il finale del «Requiem» di Fauré), la luce cresce gradualmente.
Una persona vestita di bianco (Gesù) attraversa la basilica e si avvicina alla pedana, mentre una voce legge Gv. 15,4-5.
Il Signore ci libera dal male, ci prende per mano, ci dona la forza per affrontare e vincere le nostre paure. Questo dona luce alla nostra vita e ci permette di donare luce ai nostri fratelli. Ora vengono rilette alcune delle frasi che esprimevano le paure dell’uomo e, per ogni frase, viene data una risposta tratta dall’Antico o dal Nuovo Testamento.
«Gesù», prendendo Duomo» per mano, sposta insieme a lui le figure che circondano il braciere, ad una ad una, e queste si tolgono il poncho, in segno di liberazione e di rinascita.
Nelle nostre intenzioni la veglia doveva concludersi con il rito della luce: «Gesù» e Duomo», attingendo la fiamma dal braciere, avrebbero dovuto accendere le candele distribuite ai pellegrini in precedenza. Questo avrebbe contribuito a creare un effetto di grande festa e luminosità, rendendo più visibile il dono di Gesù e il senso della veglia di riconciliazione. Per qualche problema tecnico è stato impossibile compiere questa azione all’interno della chiesa. La preghiera si è conclusa quindi semplicemente cantando «Ho la pace come un fiume» e scambiandosi un abbraccio di pace.
– Marta De Rino, 1995
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.45, 1995
Sommario
Editoriale
Per dire grazie di M. Bertolini
Speciale pellegrinaggio ad Assisi
Un pellegrinaggio di ringraziamento di L. Bertolini
Portare fraternità e gioia del Cardinal Martini
Dialogo con il Card. Martini
Tu ci liberi dal male di M.De Rino
Dalla tenebra alla luce - Veglia di preghiera di Redazione
Mi ama come sono di Jean Vanier
Io ad Assisi - Commenti a caldo
Articoli
«La mamma di Davide» - Un film per aiutarsi e aiutare di di
Comunità-alloggio La Torre
Rubriche
Recensioni
Carlo Gnocchi – Gli scritti (1934-1956), Angelo Bazzari
Francesco portatore di handicap sorride alla vita, Redentore Ordan
C’era una volta… Un pescolino rosso e Paperottino, Alessandro Savelli
Tra il cuore e la mente, Daniele La Barbera