Non so che titolo avrà questo mio articolo Le serate di Caterina? Serate impossibili? Mi viene chiesto «Cosa fa Caterina la sera?». Cosa fanno i ragazzi a 22 anni di solito? Escono la sera con i loro amici o amiche, i fidanzati/e, vanno a farsi un aperitivo, un gelato, una pizza, vanno al cinema, o a ballare, vanno alle feste.
A Caterina piace ballare, le piace molto la pizza (ma in verità le piace poco stare seduta al ristorante ad aspettare, esattamente come suo padre), le piace molto la musica, le piace andare al cinema (preferisce i musical, ma si accontenta anche di altro), ama stare in mezzo ai suoi coetanei (ma senza troppa confusione) e soprattutto ama fare queste cose senza i suoi genitori. Allora dove sta il problema? Il problema è che Caterina ha una peculiarità: non può uscire da sola, non può raggiungere cinema, feste o discoteche da sola. La sua condizione di «persona con disabilità importante» la penalizza. Insomma se non è invitata e accompagnata non può vivere queste esperienze.
Nell’arco della sua vita di adolescente, dalle scuole medie ha avuto pochi pochissimi inviti a feste di amiche, compagne. Tanti ragazzi e ragazze come Caterina, non vedrebbero l’ora di poter uscire di casa e farsi un aperitivo senza genitori, accompagnati da amici e dai propri coetanei. Ed è allora invece che i genitori stessi, i soli forse che sentono l’ansia di esaudire questo desiderio, si uniscono tra loro e associandosi, inventano per i propri figli e figlie, attività divertenti, feste o altro.
È grazie a tante associazioni nate dall’unione di queste famiglie, che condividono le stesse necessità e le diverse «disabilità» dei propri figli, che tanti ragazzi e ragazze con varie neuro divergenze, possono uscire dalle proprie case, dall’isolamento, rompendo la routine, fatta di sola scuola-centro-terapia, per provare l’ebrezza di una sala da ballo, di una ciaspolata in montagna, di una surfata anche con il mare a gennaio, di una serata al bowling. Occasioni di puro e semplice divertimento per ragazzi nelle condizioni di Caterina.
Una di queste associazioni è l’Agsa con cui siamo associati da qualche anno. Con loro si riescono a organizzare tante giornate e iniziative divertenti per tutti: genitori, fratelli, sorelle (coinvolti loro malgrado da questo problema e dall’ansia di risolverlo) e ragazzi/e con disabilità. Sono boccate di aria nuova, di spensieratezza e condivisione. Per tante di queste iniziative siamo riusciti a trovare anche giovani e giovanissimi volontari che per una giornata intera, per una serata in discoteca, si mettono a disposizione dei nostri strani e lunatici ragazzi. Volontari e volontarie senza preparazione alcuna, senza esperienza, ma con tanta buona volontà e spontaneità che spesso basta per creare una sinergia magica.
I nostri ragazzi sono strani, difficili, complicati, a volte chiusi e respingenti, di questo siamo consapevoli. Ma se non ci si prova e si continua a vederli solo come persone da «accudire» da «sorvegliare» da «educare e riabilitare» e non persone con cui divertirsi, passare del tempo di svago, ci sarà sempre un «mondo loro» e un «mondo nostro».
Certo che nella domanda «Cosa fa Caterina la sera», c’è la consapevolezza, da parte di chi lo chiede, che le serate di Caterina debbano essere sicuramente diverse da quelle di altri suoi coetanei. E allora mi viene da chiedere, perché, nonostante Caterina sia conosciuta da tanti ragazzi e ragazze, nonostante tutte le conoscenze che ha, «la sera» non esce quasi mai? Perché nell’organizzare feste di 18 anni, spettacolari, curate nei minimi dettagli, spesso non venga in mente di invitare anche questi amici o amiche particolari?
Forse la domanda la girerei a tanti di quei ragazzi adolescenti che, nonostante conoscano le realtà familiari, i contesti e l’isolamento in cui vivono spesso questi loro coetanei «strani e maldestri» non gli venga in mente di «uscire» la sera anche con loro.
«Come mai non esci stasera con…?». «Hai provato a chiamare…?». Forse, se a questi ragazzi, amici e amiche, non viene in mente di uscire con Caterina o ragazze con disabilità, qualcosa anche nel nostro ruolo di adulti (famiglie, scuola, associazioni) non ha funzionato. Non siamo riusciti a educare alla vera convivenza, alla relazione alla pari, ma abbiamo costruito soltanto un «noi» e «loro», lasciando «loro» spesso relegati in un mondo ai nostri occhi «diverso».
Sarebbe invece un sogno creare una banca del tempo e regalare qualche pomeriggio o qualche sabato sera al mese a un amico solo, per divertirsi insieme e forse il regalo alla fine lo si fa a se stessi. Certo bisogna prepararsi e conoscersi tutti insieme, ma potrebbe diventare un po’, come insegna il Piccolo Principe (testo super gettonato, usato e riusato chissà quante volte per «educare» all’amicizia), un lento «addomesticamento». Come dice la volpe al Principe, «se mi addomestichi avremo bisogno l’uno dell’altro».
Un esempio? Caterina spesso insofferente a stare tanto seduta e in attesa, è riuscita a seguire un’intera opera, nel suo palco al Teatro dell’Opera di Roma, con due sue storiche amiche, Elisabetta e Flavia. Loro sapevano quanto Caterina fosse affezionata a L’Elisir d’Amore di Donizetti; arie e motivi che ci portavamo dietro dalle scuole elementari e che sono stati per anni la colonna sonora di viaggi e vacanze. Uscito il calendario operistico, non ci hanno pensato due volte a regalarle i biglietti e accompagnarla. Insieme abbiamo costruito un vademecum del comportamento da tenere a teatro, abbiamo ripassato un po’ le arie dell’opera.
Caterina è rimasta estasiata con le sue amiche, per tre ore di opera, intervalli e riprese, fino agli applausi finali. Un po’ di sano «addomesticamento» il gioco è fatto, e si crea una serata di puro divertimento per tutti. «Sono sempre più convinto che ognuno di noi è la somma degli amici che ha avuto, degli incontri che ha fatto e dell’educazione che ha ricevuto» (Mario Calabresi).
Anche Anna, una storica assistente di Cate, ogni tanto le regala e ci regala (perché ogni gioia di una ragazza nelle condizioni di Caterina, si riflette sempre sulle famiglie e sui fratelli e sorelle) weekend di spensieratezza e divertimento. Sono weekend solo «per lei» dove noi genitori non siamo invitati e previsti. La gioia e l’eccitazione con cui Caterina aspetta e accoglie Anna, dà la misura del suo desiderio di autonomia, di relazione e di divertimento esattamente come tutti.
Tornando alla domanda iniziale da cui è nata tutta questa riflessione «Cosa fa Caterina la sera?», quello che mi viene da rispondere pensando a lei è: Caterina aspetta, aspetta che qualcuno la inviti a uscire, ad andare a ballare, a scoprire quanto può essere divertente e bello stare insieme.