Uscire di casa è un atto che costa molta fatica a una persona con disabilità perché bisogna pensare a molte cose: le barriere architettoniche e sensoriali, la presenza di parcheggi e servizi, chi ci può accompagnare ma soprattutto essere pronti ad affrontare eventuali pregiudizi.
Andare al ristorante può essere un’esperienza difficile: innanzitutto bisogna decidere di affrontare lo sguardo curioso delle persone, poi bisogna scegliere il posto giusto con estrema cura. A volte scegliere il posto sbagliato può significare sbattere contro stereotipi, pregiudizi e tanta cattiveria e ritrovarsi a mangiare negli angoli più reconditi, sempre che si venga accettati nel ristorante.
La prima volta che mi è capitato ero in vacanza a Parigi con i miei genitori all’inizio degli anni Duemila e decidemmo di andare in un posto dove già eravamo stati, ma questa volta mi presentai con la mia carrozzina da passeggio. Infatti, venivamo da un lungo tour della città e per non stancarmi troppo mi avvalevo della mia fedele quattro ruote. L’imbarazzo è stato palpabile fin da subito, nel rimpallo di responsabilità di trovarci un posto all’interno della sala. L’attesa è durata piuttosto a lungo, fino a quando un cameriere piuttosto rude, ci ha arrangiato un tavolino in un corridoio di passaggio, molto scomodo per loro ma notevolmente distante da dove avevamo mangiato le volte precedenti, quando non avevo la sedia. Strano? Evidentemente quando mi siedo su una sedia normale la mia disabilità sparisce, meglio di una bacchetta magica.
L’altro episodio che ricordo bene è stato durante la prima vacanza con quello che poi è diventato mio marito. Eravamo al mare e all’ora di pranzo cercavamo un posto per mangiare e troviamo un posto sul mare come tanti, vuoto. Eppure ci è stato detto che non c’era posto. Per noi non c’era posto. Abbiamo inghiottito amaro, ma abbiamo dovuto cercare altrove.
Quello che ho imparato da queste esperienze, una volta curata la scottatura, è che forse alcuni non sono pronti ad accettare la nostra presenza in posti diversi dai luoghi di cura o nel contesto familiare. Ma la nostra voglia di vivere è più forte di ogni barriera e di ogni pregiudizio.