A tutti capita ogni tanto di sfogliare l’album delle foto, e così ricordare i vari momenti della vita, propria e di famiglia. Ci può capitare di trovarsi tra le mani foto di 50/60 e più anni fa (secondo la mia età). Foto in bianco e nero, anche sfuocate, con contorni e localizzazioni molto rurali.
Ma essendo così poche le foto di quei tempi (almeno così lo è per me) le si tengono molto care, perché legate ad un passato prezioso, e immortalano quei pochi momenti del vissuto di una famiglia. Conservo con gelosia quelle foto, fatte da chissà chi, da un fotografo di passaggio, da un parente, o amico di famiglia. Sono preziose, del passato è rimasto solo queste.
Quando sono morti entrambi i genitori ho cercato e ho messo in evidenza per me alcune foto in bianco e nero; le ho messe insieme in una cornice, e appese in corridoio di casa. Quante volte ci passo davanti, quante volte alzo lo sguardo e vedo quei volti bambini, giovani.
C’è una foto sulla quale fermo spesso la mia attenzione, perché è una immagine di ieri, che è vera, viva reale oggi. In questa foto siamo in tre bambini, fuori all’aria aperta, in uno spazio davanti casa, vicino al pozzo, una vigna di uva bianca (mi viene in mente il gusto di quell’uva moscata da tavola). Giorgio e Cristina sono seduti in due sedie di legno, con il sedile di paglia, io sono in piedi in mezzo a loro alle spalle, e li tengo entrambi fermi alle sedie perché non cadano. Io con capelli lunghi, scapigliati, un vestitino scuro, un volto serio, quasi da vecchietta, la bocca chiusa, e tutta concentrata a tenere i miei fratelli.
Erano gli anni 60 appunto, credo di aver avuto 6/7 anni, di conseguenza Giorgio 8/9, e Cristina circa 2.
Cosa mi dice oggi questa foto? La mia vita. Sicuramente quando è stata fatta nessuno avrà pensato al futuro di quei bambini. Oggi guardandola mi dico: ecco il mio destino, ecco il mio presente, futuro. Ecco la mia vita disegnata e fissata in uno scatto.
E così quella foto in bianco e nero è una realtà a colori di oggi; io ancora in mezzo a Giorgio e Cristina, non più seduti in una semplice sedia, ma in due carrozzine moderne, colore pastello. Loro bambini perché le cure per loro sono le cure riservate ai piccoli; adulti grandi nel corpo, ma bisognosi di ogni attenzione. Io ancora in piedi vicino a loro, le mani tese, lo sguardo attento, almeno cerco, e ahimè invecchiata, in me a differenza di loro si vedono di più gli anni che passano. Di bianco e nero sono i cappelli.
Questa foto può essere il disegno della mia vita: prendermi cura sempre di Giorgio e Cristina. La responsabilità, l’attenzione, la protezione, la cura è iniziata in quegli anni, prima o dopo ha poca importanza, ma come loro sorella ci sono sempre stata. Con una responsabilità in più rispetto gli altri bambini. Bambina si, ma adulta dentro, cresciuta in fretta, perchè il prendersi cura degli altri non è un gioco facile da fare tanto per passare il tempo, ma piuttosto una cosa seria e importante.
Essere quei angeli invisibili fin da bambini per i fratelli o sorelle con disabilità. Posso continuare a sfogliare album di foto; oggi posso prendere scatole di foto, perché ne ho fatte migliaia. Per fissare ogni istante della vita, ogni sorriso, ma quella foto in bianco e nero parla di una vita vissuta insieme da sempre, e grazie a Dio continua esserlo nonostante tutto. Penso che ciascuno di noi, fratelli e sorelle di persone con disabilità abbia una o più foto particolarmente significative, che parla del legame fraterno, familiare; parla di protezione, di cura, di responsabilità, di cura. Parla di angeli invisibili. Foto che parlano di vite preziose.
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