Un video di qualche anno fa, facilmente recuperabile su YouTube, mostrava in meno di un minuto e mezzo cosa poteva far detonare una crisi comportamentale in un bambino autistico al centro commerciale con la madre, compresa la reazione, ben poco comprensiva, di qualche avventore nelle vicinanze. Al termine dello spot, il piccolo protagonista spiegava di «non essere maleducato ma autistico»: le informazioni erano eccessivamente numerose e sovrapposte per le sue possibilità sensoriali. Un vero caos insomma, frustrante e destabilizzante, che diventa autentica barriera architettonica.
«L’autismo rimane una disabilità un po’ invisibile: chi assiste pensa che il bambino sia capriccioso, non comprendendo che le possibilità di risoluzione del comportamento problematico non possono essere quelle normalmente utilizzabili con altri minori» ci spiega Margareth Martino, medica chirurga e vice presidente dell’associazione ScopriAMO l’autismo. «Certo, nel corso della vita queste difficoltà cambiano – prosegue Martino –, i bambini presentano una difficoltà maggiore rispetto agli adulti, che sono in grado di adattarsi a realtà più caotiche. Però le energie fisiche e mentali necessarie sono veramente alte. Sono loro stessi a raccontare che, tornati dalla spesa, devono riposare e che preferiscono non svolgere altre attività, per darsi un tempo di ripresa».
Margareth Martino è madre di Mattia, un bambino con autismo di 5 anni e mezzo. «Mattia sta recuperando sotto tanti punti di vista ma mi rendo conto che quel meraviglioso recupero cozza con una società che non è pronta, che non conosce l’autismo, soprattutto quando si trova accanto l’autismo cosiddetto invisibile. Chi vive in questa condizione può certamente colmare la distanza da un comportamento neurotipico ma continua ad avere molte difficoltà oggettive e bisogno di un supporto». Considerando infatti «l’eterogeneità delle manifestazioni delle persone nello spettro dell’autismo, più del 95% ha difficoltà sensoriali con una mancata capacità di poter filtrare le informazioni esterne a differenza di una persona neurotipica. Da qui è nata l’idea di occuparci quantomeno degli ambienti che rappresentano una necessità quotidiana: supermercati e farmacie, parrucchieri, catene di abbigliamento, ristoratori e così via».
Chi ha aderito al progetto?
A oggi siamo riusciti ad avere la piena collaborazione di tutti i supermercati Elite di Roma e Lazio, di tutte le farmacie comunali appartenenti alle Farmacap e delle farmacie comunali di Fiumicino. A loro abbiamo chiesto di creare due ore a settimana, non esclusive, di calma sensoriale all’interno dei negozi». Gli esercenti ricevono un’applicazione che spiega l’autismo, quali sono le difficoltà sensoriali e cosa può accadere a una persona che va incontro a una crisi data dal caos sensoriale creato dall’esterno. Nei punti vendita sono apposte le locandine di «Noi siamo amici di ScopriAMO l’autismo» che riportano in sintesi le caratteristiche del progetto.
Cosa avviene in concreto in quelle fasce orarie?
Una serie di accorgimenti renderanno agevole l’ingresso delle persone autistiche: chiediamo di non utilizzare musica e stereofonia; e, dove possibile, di ridurre al minimo l’illuminazione, soprattutto quella superflua degli schermi led. Oppure di dedicare una cassa per il pagamento al fine di ridurre i tempi di attesa o dare la priorità alle persone cui è rivolta l’iniziativa. Non tanto per gli adulti, che imparano a gestire le attese, quanto per i bambini e i ragazzi che sono molto spesso incapaci di rispettare i tempi di attesa o la regolare turnazione «del tocca prima all’altra persona che a me».
Sembra una cosa di poco conto eppure…
Da mamma mi rendo conto che spesso entro in difficoltà in un ambiente in cui si genera una situazione imbarazzante. Speriamo che questo progetto aumenti la consapevolezza dei dipendenti di quel posto ad affrontare situazioni simili con maggiore elasticità. Se in quelle due ore per me si crea un ambiente favorevole, forse chi mi guarda per un attimo dice «Ah, forse è una mamma in difficoltà, la faccio passare avanti alla cassa o creo un aiuto diverso». Miriamo alla sensibilizzazione degli esercenti e dei dipendenti ma anche dei clienti perché sappiano che in quelle due ore probabilmente dovranno avere degli occhi diversi. Nella speranza poi di superare le due ore a settimana.
Dal piccolo al grande, insomma.
Speriamo di avere anche un impatto culturale! Sono convinta che abbiamo un’idea di barriere architettoniche molto concreta solo quando la disabilità è visibile. La nostra è un’associazione principalmente di genitori il cui punto di forza è un comitato scientifico che corregge il tiro alle nostre proposte. Nel caso specifico, l’idea era di realizzare qualcosa di fattibile da tutti: l’autismo non è solo a Trigoria. Abbiamo cercato un progetto che fosse semplice e realizzabile, che fosse un inizio, una base per qualcosa che arrivi ovunque, perché l’autismo è ovunque.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.166