Sabato di maggio, Roma. Una «normale umanità» si incontra per pedalare insieme in uno degli immensi parchi in cui la storia millenaria di questa città riesce sempre a sorprenderti. Si pedala ognuno a seconda delle proprie possibilità: chi in autonomia sulla propria bici, qualcuno in tandem, alcuni con una bici di coppia con seduta comoda, altri in autonomia ma con seduta tipo hand bike…, un paio con la propria sedia a ruote posizionata su una pedana di cui è dotata una bici a tre ruote. Chi ha l’aiuto di una batteria, chi no. Tutti riusciamo a goderci una bella passeggiata con il vento in faccia. Non fa neanche troppo caldo e, per fortuna, nessuno soffre di allergia… la fioritura di graminacee è al suo massimo, ma anche quella di papaveri e margherite gialle. Durante il giro, tra una catacomba e il giardino segreto di una basilica, capita di veder scivolare chi ti saresti meno aspettato; e anche di scoprire quello, ancor meno atteso, con il fiato da vero ciclista che non lascia mai i pedali e che, se occorre, si alza pure dal sellino.
Qualcuno è arrivato da Bologna, qualcuno da Ciampino: in entrambi i luoghi ci sono comunità in cui si vive e ci si prende cura gli uni degli altri. Altri, da Roma, fanno parte di comunità di incontro che creano legami di amicizia tra chi vive più o meno direttamente l’esperienza della disabilità. C’è chi viene dagli Stati Uniti per un periodo di formazione universitaria. Qualcuno conosce tutte le realtà in questione e si è preso la briga di organizzare la giornata, di esplorare e scegliere il tragitto, di allestire un piccolo buffet che, all’arrivo, rifocilli tutti. Tutti uguali? Proprio per niente. Qualcuno più speciale di altri? Neanche. Senza la partecipazione di ciascuno la giornata avrebbe preso una piega diversa, poteva anche diventare impossibile. Nel giusto numero, circa trenta persone, abbiamo potuto respirare una di quelle atmosfere dove l’equità acquista forma e sostanza: cominciar da bambini a praticarla, perché no a scuola, mi pare in fondo proprio una buona idea.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.166