Una delle migliori qualità del Locarno Film Festival è l’attenzione a ogni tipo di pubblico, talvolta ideando alcuni riusciti collegamenti tra essi. A Locarno 76 è capitato con l’interazione tra il settore “Sostenibilità, diversità e inclusione” dedicato a rendere il festival e i film accessibili a tutti, e la struttura Locarno Kids rivolta ai più giovani (dai bambini agli adolescenti), con la proiezione del documentario We Have a Dream di Pascal Plisson. Il film è approdato finalmente anche nelle sale italiane in occasione della Giornata internazionale dei diritti delle persone con disabilità.
Plisson, regista sempre attento ai temi sociali, ha intervistato Maud, una ragazza francese che racconta la sua quotidianità di adolescente, il rapporto con la sorella e gli amici, lo studio, la passione per la danza, insomma una vita che ci appare ordinaria nonostante, per un problema durante il parto, sia priva di una gamba e necessiti di un apparecchio acustico. Poi lei stessa fa una riflessione: in altre parti del mondo, i bambini e i ragazzi con qualche forma di disabilità hanno avuto tutto l’affetto e tutte le opportunità che ho avuto io? La risposta arriva, a lei e a noi, da un viaggio attraverso i continenti che mostra le storie di Nirmala e Khendo, due amiche nepalesi che hanno bisogno di una protesi per camminare; di Charles, aspirante corridore keniota non vedente; di Xavier, bambino ruandese il cui albinismo lo ha reso molto riconoscibile sin dalla nascita; di Antonio, adottato e poi cresciuto con amore dai suoi genitori brasiliani che non lo hanno respinto neppure quando hanno appreso della sua forma di autismo.
In ognuna di queste storie, tutte edificanti, sono stati cercati due elementi in comune: l’affetto e il sostegno convinto dei familiari, mai venuto meno; l’aiuto indispensabile dei diversi sistemi scolastici per non creare né barriere né emarginazioni. Quest’ultimo è il motivo per cui il film è molto adatto agli studenti: non bastano solo strutture o insegnanti (pure indispensabili), è importante che l’integrazione si verifichi innanzitutto con gli altri ragazzi, abituandoli sin da piccoli a interagire con coetanei che affrontano ostacoli di mobilità, sensoriali o intellettivi, altrimenti inconcepibili da chi non li ha. È un film confortante? Senz’altro, perché il regista ha scovato storie educative, di quel tipo che ispira sentimenti positivi: filmando il rapporto con gli altri – chiacchiere, sguardi, abbracci, e ogni tipo di esperienza condivisa – riesce a rivelare la gioia di vivere tipica dell’infanzia che anche i piccoli protagonisti possono sperimentare; così come le interviste ai genitori sono illuminanti per come bilanciano la fatica e la soddisfazione di essere genitori di figli che richiedono cure particolari.
Non è un film che fotografa una situazione universale, bensì casi particolari e meritevoli: ma che essi esistano, anche in luoghi molto distanti dalla nostra cultura, sensibilità, stato sociale, è già un fatto apprezzabile e spesso ignorato. Purtroppo la rilevanza di questo film non si è manifestata nella distribuzione italiana: è stato proiettato in poche sale, per pochi giorni, da esercenti coraggiosi (a Roma, il Cinema Farnese). Poiché il distributore Academy Two lo ha opportunamente inserito nel catalogo del Circuito Cinema Scuole, la speranza è che We Have a Dream trovi un pubblico ideale proprio tra gli studenti, proseguendo quel percorso iniziato mesi fa, a ragion veduta, con i giovani spettatori di Locarno Kids.
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