«Abbiamo un problema: sei grassa». La protagonista (Carolina Crescentini) di Unfitting, il cortometraggio di Giovanna Mezzogiorno presentato alla 18esima edizione della Festa del Cinema di Roma, è un’attrice che sente ripetersi in continuazione questa frase. Glielo dice un produttore, una regista, una costumista, un ufficio stampa e chi più ne ha più ne metta. Il risultato? La donna, nonostante sia brava e con una solida carriera alle spalle, è quasi costretta a smettere di lavorare.
Una narrazione autobiografica quella di Mezzogiorno che, a seguito della nascita dei due figli, ha subito quello che oggi viene chiamato body shaming e altro non è che vero e proprio bullismo da parte di una società dove vige la dittatura dell’estetica. Tutto deve essere perfetto, patinato, taglia 38. Altrimenti per i giudici dei social network e di altri certi mondi sei uno scarto e non vali nulla.
Ci voleva una denuncia di questo tipo: il corto, nato da un’idea di Silvia Grilli, è davvero prezioso. D’altronde abbiamo bisogno di abbattere certi tabù e luoghi comuni, evitando di sentirci soli. La regista, alla sua prima prova in questo senso, ha dunque il coraggio di mettere a nudo le sue fragilità, le sue paure, il suo passato. E nel raccontare tutto questo non può che lasciare allo spettatore un’autentica testimonianza: non è “sbagliato” colui che si sente inadeguato, bensì tutti coloro i quali fanno sentire inadeguati gli altri.
Prima si attua un cambiamento profondo nel modo di pensare e di agire – soprattutto in determinati ambienti -, prima si può pienamente parlare di una società rispettosa delle persone. Qualunque taglia esse indossino. Opera da vedere, opera empatica e coraggiosa.
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Ma non è solo Unfitting alla Festa del Cinema di Roma, conclusasi il 29 ottobre dopo circa due settimane di proiezioni, incontri con gli autori e mostre, a scoperchiare il vaso di Pandora. L’ha fatto, tra gli altri, anche Mare fuori 4, la serie televisiva in onda dal prossimo febbraio su Raidue e Raiplay, di cui sono stati proiettati i primi cento minuti. Ancora una volta i fragilissimi detenuti dell’Istituto penale minorile campano (interpretati da Massimiliano Caizzo, Matteo Paolillo, Maria Esposito…), più vittime che carnefici a causa del contesto sociale da cui provengono, ci insegnano che il destino a cui sembra essere predestinati può essere sovvertito. Nessuno è un rifiuto, ogni vita ha un valore da preservare. «Conta il presente, non il passato», dice l’educatore Beppe (Vincenzo Ferrera) durante uno dei primi due episodi. Come dargli torto. A prescindere da ciò che vedremo nel 2024 (non vogliamo fare spoiler su chi ha sparato a chi), un fatto è certo: Mare fuori 4 sottolinea che ci si può perdere per poi ritrovarsi. E in questo percorso di crescita un ruolo fondamentale lo hanno gli adulti: servono guide coraggiose, in grado di assurgere a punti di riferimento in una società che si spera possa diventare sempre più inclusiva.
Dunque, i temi affrontati dai film presentati quest’anno nelle varie sezioni della Festa si inseriscono proprio in tale percorso: quello della sensibilizzazione verso un mondo meno ipocrita e più aperto all’altro e agli altri. Verso un mondo che sappia riconoscere le fragilità e prendersene cura.
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