Da venticinque anni, il Far East Film Festival di Udine presenta al suo pubblico il miglior cinema popolare dell’estremo oriente, ma non manca mai di proporre anche film d’autore; una scelta particolarmente apprezzata dagli spettatori dell’edizione 2022 che hanno attribuito ben due premi al cinese Terra e polvere di Li Ruijun, proveniente dal concorso della Berlinale. Un’opera che si è fatta amare, in una selezione che privilegia film di genere, commedie e costosi blockbuster orientali, perché delicata e toccante: tanto che Tucker Film, la casa di distribuzione collegata al festival, ha finalmente deciso di portarlo nelle sale italiane.
Ambientato nella provincia cinese del Gansu, in un’area rurale che il governo vorrebbe modernizzare, Terra e polvere è innanzi tutto una storia d’amore che si sviluppa, in modo inatteso, tra due persone che l’amore non l’avevano mai conosciuto. Ma Youtie è un contadino scapolo di mezza età, uomo semplice e umile che i suoi familiari vorrebbero sistemare; i suoi parenti si mettono d’accordo con la famiglia di Cao Guiying, anche lei non più giovanissima e che non ha trovato marito a causa di una malattia che la rende sterile, incontinente e con difficoltà di deambulazione. Sembra che le due famiglie abbiano deciso di mettere assieme i rispettivi “scarti”: già nella prima scena, i due personaggi ci appaiono come spettatori delle loro stesse vite, comparse senza volontà in una messinscena voluta da altri, incapaci persino di guardarsi. Non è così: c’è un iniziale gioco di sguardi segreti che permette ai due di studiarsi e capirsi senza parlarsi.
All’interno del matrimonio combinato nasce una comprensione reciproca inattesa: nella coppia, innanzitutto attraverso gentilezza e cortesia, cresce un affetto commovente e sincero. Ovviamente la loro vita resta dura; il lavoro nei campi non è facile (sebbene la donna aiuti il marito, nei limiti delle sue possibilità), la coppia non ha un luogo dove stare e deve spostarsi continuamente, con il sogno di costruire una casetta tutta per loro. Ma Youtie inoltre è costretto a donare frequentemente il sangue perché compatibile con quello di un ricco affarista locale che ne ha bisogno; un atto di generosità che con arroganza viene reso un’imposizione e ben rappresenta il contesto locale in cui i contadini hanno pochi diritti. Ci pensa il regista, con il suo occhio partecipe e privo di commiserazione (ma anche di compassione all’occidentale) a mostrare anche quei tanti momenti intimi che cementano un rapporto umano sempre più forte: i protagonisti imparano a farsi forza, superare la vergogna (soprattutto lei, da sempre mal giudicata da tutti), persino a ridere. È la storia di chi cerca di costruire qualcosa di duraturo – una relazione, una casa, un’idea di futuro – ma deve affrontare le forze distruttrici circostanti; forse (purtroppo) troppo potenti per loro.
Non cerca soluzioni consolatorie, il film di Li Ruijun (la censura cinese ha persino imposto alcuni cambiamenti nel finale), ma abbraccia tutto il bene e il male del destino umano: come Cao Guiying impara dal marito, nelle lunghe scene nei campi che dimostrano la loro ammirevole etica del lavoro, la natura ha regole da rispettare che non possono essere piegate.
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