Oggi il mio “chierichetto capo” si muove con sicurezza nella celebrazione, in entrambe le chiese, riuscendo a supplire a quei piccoli disguidi che ogni tanto capitano. Quando partecipa alla messa, dopo il Confesso, recita la prima parte del Signore pietà, cui tutti poi rispondiamo; introduce la proclamazione del Vangelo e si ferma con me all’ambone fino alla fine della predica; introduce le prime parole della professione di fede; fa due preghiere dei fedeli; serve all’altare; suona le campanelle all’elevazione (e se non ci sono le campanelle, simula il suono con la voce); va con il ministro straordinario a prendere il Santissimo e poi lo riaccompagna per la reposizione; regge, seppur con minore entusiasmo, la tovaglietta durante la distribuzione dell’Eucaristia; introduce la supplica a San Rocco; saluta l’assemblea dopo la benedizione finale. Tutto ciò ha necessitato di un tempo tecnico nel quale scoprire il posto e familiarizzare con la tempistica liturgica; io cercavo di interpretare e capire cosa lui voleva fare e, se questo era possibile, realizzarlo.
Una delle prime volte, al momento della Comunione, comunicati i ministri straordinari, mi sono girato per proseguire con la distribuzione all’assemblea: con grande meraviglia Gabriele era già in viaggio verso la corsia centrale con Gesù. Anche lui voleva distribuire. Questo, però, non era opportuno e ho pensato di tenerlo accanto: io con Gesù Eucaristia, lui con un passo tratto dalla scrittura intonato al tempo liturgico. Pane e Parola venivano offerti insieme, un modo per entrare sempre più nella celebrazione eucaristica.
Un tentativo di sommossa ha provato a montarsi in chi non riusciva a vedere la presenza di Gabriele come un’occasione per vivere il senso autentico di comunità e di famiglia. Da parte mia, non sarei tornato indietro dall’esperienza e l’ho spiegato in un’omelia.
Davvero il Signore chiama ciascuno a partecipare del valore inestimabile della sua amicizia. Tutti hanno la possibilità di contribuire a una celebrazione che sia non semplicemente subita, ma vissuta e partecipata. Se non abbiamo paura di esser noi stessi non abbiamo da temere alcunché. Lo Spirito Santo soffia, soffia dove vuole e chi lo vuol seguire, e azzarda con lui, scopre davvero la sua umanità e il suo cuore abitati da Dio.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.162
Carissimo, il nostro caro ex parroco, ha saputo, con maestria raggiungere il cuore di Gabriele, e con lui tutta la sua famiglia. Ci manca molto, ma come ci siamo promessi, saremo alle sue messe, almeno una volta al mese, tenendo sempre e comunque, il rapporto con la nostra parrocchia, e il nostro nuovo parroco, che già sta manifestando cura per Gabriele