Una delle frasi più comuni nei convenevoli è quello legato alla “salute”, insieme a quello sul tempo. La salute è davvero importante ed è giusto preoccuparsene. Eppure, aver cura di sé, poter fare accertamenti clinici periodici se non è così scontato per molti è senz’altro meno agevole per chi ha una disabilità, soprattutto se quella persona ha problematiche intellettive e comunicative che lo rendono poco o per niente “collaborante”.
Un rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sull’equità sanitaria per le persone con disabilità del dicembre 2022 prendeva avvio da alcune considerazioni che, evidentemente, non possono ancora essere date per scontate: «La disabilità è parte integrante dell’esperienza umana. Le persone con disabilità rientrano nella diversità umana e, sebbene spesso ci si riferisca ad un’unica popolazione, sono un gruppo molto eterogeneo di persone. Le persone con disabilità hanno lo stesso diritto di ogni altra persona al più alto standard di salute raggiungibile». Uno standard attualmente non ricercato sufficientemente: in quel rapporto leggiamo infatti che l’aspettativa di vita di una persona con disabilità rispetto a una senza è di venti anni inferiore se uomo, di quindici se donna.
È un dato che colpisce, anzi che ferisce nella misura in cui la morte prematura non è dovuta alla disabilità bensì va ricondotta alla scarsa attenzione alla sua salute ordinaria. Il rapporto riconosce e parla apertamente di «fattori evitabili, iniqui e ingiusti» ai quali è necessario porre rimedio. Nel focus di questo numero abbiamo dato spazio alle voci di chi ha vissuto e vive questa disparità sulla propria pelle e incontrato le buone pratiche già avviate nel nostro Paese. Non si tratta di cercare o volere «trattamenti privilegiati» ma piuttosto di attivare attenzioni e accomodare percorsi. Perché la salute è un diritto umano di tutti.
English version: Why health really matters
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.163