Ricordo l’emozione di tenere fra le mani il primo numero di Ombre e Luci appena uscito dalla tipografia. Ricordo quanto lavoro c’era stato dietro, per la scelta dei contenuti, degli articoli, delle fotografie. Ma quella prima volta c’erano stati importanti preliminari lavori in più. A cominciare dalla scelta del titolo della rivista, che si sarebbe dovuto depositare in tribunale (autorizzazione del Tribunale di Roma n. 19/83).

Sì, perché sebbene la rivista (o «giornalino», come veniva chiamata in casa) si presentasse come l’edizione italiana di Ombres et Lumière (così espressamente nel primo editoriale), ci fu una lunga divertita discussione su come rendere in italiano il titolo francese, che contrapponeva le ombre (al plurale) alla luce (al singolare). La traduzione letterale “Ombre e luce” venne immediatamente scartata, scivolando sul molto più scorrevole “Luci e ombre” che appariva però poco caratteristico. Si trattava anche di selezionare un vocabolario adatto allo scopo di essere capiti da tutti i lettori. Erano i primi mesi del 1983, un’altra era geologica sul piano dell’integrazione ma tale scrupolo emerge già da quel primo editoriale dove a margine della parola handicappato si annotava: «Ci dispiace usare questo termine, ormai entrato nell’uso della lingua italiana, per riassumere la varietà dei limiti fisici o intellettivi lasciati da un trauma o da una malattia. Come esprimersi altrimenti senza creare confusione?».

Ricordo il grande tavolo della nostra sala da pranzo sommerso di bozze, fotografie, libri e altre riviste, durante le riunioni di redazione che frequentemente si tenevano in casa, invece che nel seminterrato di via Bessarione. Quanta passione, quanta intelligenza e quanta ironia, nel comitato di redazione dove italiano e francese si mescolavano fra una discussione, talvolta anche accesa, e l’altra; tra una risata e una tazza di tè d’inverno o un succo di frutta d’estate, sul tavolo in giardino.
No, non mi è facile ricordare con distacco quegli anni.

Ma quando è nata davvero l’idea della rivista? La risposta più immediata è che Ombre e Luci sia stato lo sviluppo più strutturato del ciclostile Insieme che, in epoca di telefoni a filo e lettere con francobollo, teneva unite le comunità di Fede e Luce, ciclostile di cui non si poté usare il titolo perché, proprio in quegli anni, era iniziata la pubblicazione di un’omonima rivista patinata. Io credo però che, almeno per certi aspetti, Ombre e Luci abbia ragioni più remote e profonde. Nell’editoriale del primo numero è indicato il desiderio di «raggiungere il maggior numero di persone che aspettano qualcuno, qualcosa che rompa la loro solitudine: dalla famiglia nel paese sperduto, alla persona che vive nell’anonima periferia di una città». Rompere la solitudine. E lo sguardo corre indietro alla storia della mia famiglia e di altre famiglie. Il cammino della mamma – con l’aiuto di tanti e del Buon Dio –, dalla solitudine all’annuncio, dalla desolazione al Magnificat, dalle telefonate, dai biglietti e dalle lettere, alla rivista, ora anche in rete.

«È passato da 8 giorni il compleanno, il 6° della Franceschina, e ho pensato in questi giorni a quante sere, quante notti, quante giornate del nostro matrimonio sono state prese dalla sua presenza e dalle sue necessità. Cosa è venuta a fare tra noi? È un tuo segno, o Signore, una tua chiamata, un tuo dono? Come vorrei capirci qualcosa di più e sapere con chiarezza cosa aspetti e vuoi da noi, da me. Questa sera, in cui la testa se ne va per i fatti suoi, e in cui il mio cuore è un guazzabuglio di sentimenti e di idee contrastanti e in lotta continua, sapere bene con chiarezza che cosa vuoi da me». Così, in un suo diario, scriveva la mamma il 18 novembre 1968.

«Poi io e Paolo siamo filati all’hotel di M.me Heyndrickx per il nostro grande incontro. Commovente e grande incontro (non so se ne potete capire tutta l’importanza). Ci siamo messi al lavoro subito. Preparato già tutto il nostro programma (…). Vi dicevo, ci siamo date un gran da fare io e “Friquette” (così si chiama la mamma di Sophie) – e Paolo si è unito a noi con un impeto e una disinvoltura mai vista. A ogni riunione, messa di malati, ecc. passavamo alla ricerca dei bambini e delle mamme e papà, davamo il nostro foglietto con il programma degli incontri, parlavamo di quello che volevamo fare, il tutto con molta molta semplicità e discrezione. Abbiamo avuto 85 adesioni solo di parenti di bambini gravi». Così, rientrando dal secondo viaggio a Lourdes, scriveva la mamma alle sorelle, neppure due anni dopo (30 agosto 1970).

Il rispetto della fragilità, la forza e la gioia della condivisione, il coraggio di cercare soluzioni. Senza grandi discorsi, partendo sempre da realtà vissute

Rompere la solitudine, conoscere e conoscersi meglio. E quindi oltre alle pagine dedicate alla vita delle comunità di Fede e Luce, gli approfondimenti su tante tematiche (dalla clinica alla religione, dalla famiglia al lavoro), le recensioni di libri e film e lo sguardo costantemente aperto alle attività di altre associazioni e strutture. E sono passati quarant’anni. La rivista è ancora piena di energia, di colore, di idee, nuove professionalità e intelligenze. Molte cose sono cambiate, molte sono rimaste. Rimane, ad esempio, la scelta costosissima di portare avanti un periodico senza una riga di pubblicità e senza alcuna sovvenzione pubblica. Se non fosse stato per il lavoro semivolontario di gran parte della redazione, quante altre riviste sarebbero state in grado di andare avanti così, solo con abbonamenti e donazioni, per tanti anni?

Rimane, ad esempio ancora, la scelta – sotto la pioggia di tante cattive notizie – di scoprire e raccontare solo le esperienze e le iniziative positive, le buone notizie. E rimangono anche alcune domande: sebbene la rivista si sostenga essenzialmente sugli abbonamenti e sia ormai organo ufficiale di Fede e Luce Italia, qual è la percentuale di abbonati che sono membri di Fede e Luce? Quanti a Fede e Luce leggono Ombre e Luci?

Considerati i grandi cambiamenti nel mondo della disabilità (dall’inserimento scolastico a quello lavorativo), ritornano i ciclici interrogativi sul futuro della rivista. Fra i diversi meriti di Ombre e Luci, penso si possa riconoscere quello di avere sempre cercato di prestare attenzione alle realtà più profonde, più importanti della persona umana. Il rispetto della fragilità, la forza e la gioia della condivisione, il coraggio di cercare soluzioni. Senza grandi discorsi, partendo sempre da realtà vissute. Ecco, nella crescente abbagliante fiera di frivolezze e superficialità che inonda tanta carta stampata e tanto web, Ombre e Luci resta un luogo interessante e diverso dove fermarsi, per conoscere, confrontarsi, riflettere.

Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.161


Per rompere la solitudine ultima modifica: 2023-05-08T14:12:39+00:00 da Nanni Bertolini

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