Quando si recita il Padre nostro in una ventina di lingue diverse, sale il rumore di un’orchestra che accorda prima di iniziare a eseguire. Eravamo 150 a Strasburgo, da 54 Paesi diversi (degli 86 in cui il movimento è presente), ed è capitato più volte di pregare insieme come Gesù ha insegnato, ciascuno nella propria lingua. Poi l’orchestra partiva. Ed era la musica gioiosa dei ragazzi delle comunità di Fede e Luce e dell’Arche di Strasburgo che sono venuti a trovarci. La piccola inarrestabile Lucia dalla risata scrosciante guidava il “trenino” fra le vie del centro della bella capitale alsaziana. Oppure era la musica vera delle chitarre guidate da Raul Izquierdo Garcia, nominato coordinatore internazionale per la seconda volta. Si canta e si balla sempre molto negli incontri di Fede e Luce, ed è stata Marie-Helène Mathieu, dall’alto dei suoi 94 anni (e che anni!), a sottolineare che la gioia è parte integrante del carisma del nostro movimento.
Con Elena dal Perù e Oksana dall’Ucraina
Ma era anche la musica dolente dell’amica ucraina Oksana, che ha raccontato di una comunità nella regione di Zaporizhia della quale non si hanno più notizie dall’inizio della guerra e della difficoltà di incontrarsi per le 37 comunità del suo Paese. I mille motivi per cui incontrarsi è difficile sono intuibili: lei ha aggiunto il fatto che soprattutto i ragazzi autistici sono terrorizzati dal rumore delle sirene e dallo scoppio delle bombe, anche in lontananza.
Dovendo ripercorrere gli ultimi cinque anni del movimento, dall’ultima assemblea in Libano fin qui, è chiaro che non si poteva non parlare della guerra e della pandemia. Elena, dal Perù, mi ha mostrato la foto della sua comunità, a Lima, nella capitale. Mi sono stupito che ci fossero solo dieci persone e le ho chiesto il motivo. Mi ha detto che la comunità era molto più grande ma alcuni sono morti a causa del covid e molti papà son dovuti tornare nelle città di origine perché non avevano più il lavoro. Fede e Luce ha perso 160 comunità e due province in cinque anni. Significa che sui nostri spartiti non c’è più musica da suonare? A noi è sembrato davvero di no. La stessa Oksana ha ringraziato commossa (e facendoci commuovere tutti!) per l’aiuto che da molte delle province di Fede e Luce è partito per l’Ucraina. E anche al di là dell’esempio estremo della guerra e delle sue conseguenze, Fede e Luce serve ancora.
Serve in tutte le aree del mondo (e non sono poche) in cui l’handicap psichico resta nascosto nelle famiglie, serve come presidio ecumenico, a testimoniare che cristiani di tutte le confessioni possono stare e crescere insieme, serve a tutti come luogo in cui scoprire la presenza del Dio che abita le ferite, le paure, i limiti. «Il contrario della fede è la paura», ha detto l’assistente spirituale internazionale, il nostro don Marco Bove, aprendo l’incontro di Strasburgo.
Ora l’incontro è finito e tutti sono tornati a casa, portando con sé le priorità per il quinquennio 2023-28, votate dall’Assemblea. Si cercherà di sviluppare nuovi modi per annunciare Fede e Luce; incoraggiare tutti i membri delle comunità ad assumere responsabilità a tutti i livelli; elaborare un piano economico e finanziario che regga nel tempo; applicare il codice di condotta per prevenire abusi sui più piccoli. Ma la priorità delle priorità rimane sempre la stessa: metterci all’ascolto dei ragazzi, delle loro mamme e dei loro papà, dei loro fratelli e delle loro sorelle e imparare il valore della fragilità, la bellezza del prendersi cura, la gioia della gratuità.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.163