«Quando ancora non sapevo neanche se sarei riuscita mai a diventare madre, ho deciso che avrei dovuto fare qualcosa per creare una nuova consapevolezza nelle donne con disabilità, la consapevolezza di poter essere madri. Quando poi sono rimasta incinta mi sono chiesta più volte se fosse il caso di rendere pubblica la mia gravidanza, se fosse quello lo strumento giusto… così è nata la campagna #diversamenteincinta e #diversamentemamma nelle quali ho raccontato le mie difficoltà durante la gravidanza e nel post-partum».
Scriveva così Laura Coccia per Ombre e Luci, cui collabora dal 2020, nel maggio del 2021 per raccontare l’iniziativa che ha permesso di raccogliere altre esperienze simili alla sua e che l’ha spinta a proporre un percorso istituzionale, per ora solo a livello del Comune di Roma, per istituire una linea di sostegno per le donne con disabilità incinte.
E oggi, in occasione dell’8 marzo, viene ufficialmente lanciata l’associazione “Disabilità, indipendenza, maternità – Disabilmentemamme”. A partire dalla condivisione nelle piattaforme social di quell’hashtag, cinque mamme con disabilità dovute ad una paralisi cerebrale infantile, Samanta Crespi, Antonella Tarantino, Pina Fadda, Margherita Rastiella e Laura Coccia appunto, hanno pian piano animato una comunità sempre più numerosa di donne.
Spiega sempre Laura Coccia, portavoce del gruppo: «Siamo donne accumunate dalla solitudine vissuta durante la gravidanza e nei primi anni della maternità dei nostri figli. Internet e il mondo che ci circonda offrono tutte le informazioni possibili sulla gravidanza e la maternità, ma nulla sulla maternità delle donne con disabilità. Ognuna di noi si è scontrata con l’inaccessibilità dei reparti di ginecologia e ostetricia e ci siamo affidate a ginecologhe e ginecologi che non avevano né esperienza specifica né una letteratura scientifica di riferimento. L’associazione nasce per mettere al servizio la nostra esperienza, per poter offrire supporto e consigli, ma anche per fare rete e supportare».
Antonella Tarantino, presidente dell’associazione, spiega che: «Facciamo ciò per dimostrare che la disabilità non ti rende diverso, ma che si può avere una vita normale a 360°. Crediamo che parlare della nostra associazione possa essere d’aiuto a molte donne con disabilità che hanno figli, che vorrebbero averne o a mamme e papà di bambini con disabilità che tramite noi hanno una finestra sull’ipotetico futuro dei loro figli (che non è poi così diverso da quello di qualsiasi altro bambino o bambina)». E lo fanno, gratuitamente attraverso «video e articoli» nei quali emerge «la loro quotidianità con i figli» e nei quali si avvalgono della «parola di esperti tra cui ginecologi, ostetriche, psicologhe, assistenti sociali, fisiatri, avvocati…».
A pesare fortemente è certo il pregiudizio sulla possibilità e sul desiderio di diventare madre per una donna con disabilità.
Racconta Samanta Crespi, segretaria dell’associazione, il grande senso di isolamento vissuto in un percorso, che dopo i 18 anni non ha visto più il supporto della ASL. «Neppure in internet trovavo casi come il mio, e anche diventare mamma è stata una sfida, in cui mio marito mi ha sostenuto, ma in troppi, anche in ambito sanitario, hanno cercato di dissuadermi». E continua: “Nessuno parla mai di genitori disabili ma la disabilità non impedisce di avere una vita affettiva piena e di diventare genitori… Quando sono diventata mamma, come accade a tutte le mamme, mi sono trovata a gestire una serie di novità, di esigenze, con il timore a volte di non essere all’altezza. Accade a tutte le neomamme, che di solito però vengono incoraggiate e lo stesso bisogna fare se la mamma ha qualche disabilità, anche se richiede uno sforzo di immaginazione in più». Immaginazione cui queste cinque donne hanno saputo dar forma e sostanza: una gestazione diversa per un’associazione che speriamo possa sostenere e suggerire, nella sua nuova veste legale, i bisogni per niente speciali di donne «né folli né eroine» ma «semplicemente mamme».
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