Nello scrivere questo articolo una premessa è d’obbligo: racconterò un’esperienza precedente di qualche mese la pandemia di covid-19. La mia gravidanza è stata tutta diversa a partire dal fatto che io sia una donna con una paralisi cerebrale e spasticità, e che non ci sia letteratura scientifica né nazionale né internazionale a questo riguardo. Con i medici che mi seguivano abbiamo un po’ osservato gli eventi, controllando anche tutti i rischi comuni di una gravidanza. Gli studi medici per le visite di controllo, i prelievi e tutti i controlli di routine presentavano sempre una serie infinita di barriere per la mia disabilità e la mia pancia che cresceva sempre di più.
Il 19 novembre 2019 mi sono ritrovata catapultata in ospedale con il diabete gestazionale, la gestosi e la colestasi, alla 31^ settimana di gravidanza e dopo essermi fatta mille problemi sulla mia disabilità, mi sono ritrovata a scontrarmi con patologie comuni che possono sopraggiungere in qualsiasi gravidanza. Perché al di là della disabilità, “anche noi” siamo soggette a ogni sorta di malattia di ogni comune mortale.
E che al riguardo non ci sia letteratura scientifica né nazionale né internazionale
Ma arrivata in stanza, dopo le procedure per il ricovero d’urgenza, mi sono trovata a fare i conti con un reparto di ostetricia e ginecologia non pronto ad accogliere una futura mamma con disabilità. Il bagno era comune a tutte le stanze e si trovava in fondo al corridoio, come raggiungerlo? La struttura del letto era probabilmente degli anni Settanta, altissimo e fisso, come potevo andare in bagno (e negli ultimi mesi di gravidanza le visite al gabinetto sono una costante fissa)? La caposala e il primario hanno, quindi, consentito a mia madre di dormire accanto a me, in una brandina che si era portata da casa.
I medici sono stati bravissimi e sono riusciti a stabilizzare i valori consentendo al mio bambino di resistere fino al 4 gennaio 2020 e io sono stata ricoverata, tranne una breve parentesi dal 4 all’11 dicembre, fino all’8 gennaio. Ovviamente, i giorni successivi al parto sono stati semplicemente un inferno, perché salire e scendere da quel letto altissimo con circa 40 punti di sutura sulla pancia è un’esperienza che non auguro a nessuno.
In quei lunghi giorni ho conosciuto persone fantastiche alle quali sono molto legata tutt’oggi, ma mi chiedo: una donna con disabilità che dopo aver con fatica deciso di sottoporsi ai controlli di prevenzione di routine come una mammografia o un pap-test si trova davanti un muro come può essere un letto che non si abbassa, rischia di non tornare più e di essere vittima della mancata prevenzione.
In un’Italia che fa sempre meno figli e per essere coerenti con le campagne per la prevenzione, occorrerebbero investimenti seri, per garantire veramente a tutte pieno accesso alle cure e alla prevenzione.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n.163