Quella dei segnanti – che comprende le persone sorde, circa 40.000 nel nostro Paese, oppure udenti che ricorrono, per motivi personali o professionali, alla lingua italiana dei segni (Lis) – è una comunità ampia, che si esprime attraverso la poesia, il teatro e tante altre manifestazioni culturali. Per questo, l’atteso riconoscimento della loro lingua da parte del Parlamento, avvenuto a maggio 2021, è stato un segnale importante rispetto a una tematica a cui la ricerca scientifica ha dato centralità a cominciare dal finire degli anni Settanta. «Dai primi studi dell’equipe guidata da Virginia Volterra del Cnr fino alla costituzione a Catania nel 2021 del Centro interuniversitario Cognizione, Linguaggio e Sordità, comprendente le università di Catania, Milano-Bicocca, Palermo, Trento e Ca’ Foscari Venezia, i progressi scientifici e le attività di inclusione si sono costantemente evoluti» spiega la professoressa Anna Cardinaletti, promotrice del progetto di Deaf Studies iniziato all’università Ca’ Foscari Venezia più di vent’anni fa e pioniera in questo ambito.
Il centro – a cui afferiscono linguisti, neuroscienziati, pedagogisti, sociologi attraverso una rete di scambio di competenze ed esperienze interdisciplinari – intende promuovere formazione e ricerca sulla Lis e sulla sordità, indispensabili perché migliaia di persone e famiglie affrontino la quotidianità, ma anche perché questi percorsi entrino nelle scuole, nel mondo del lavoro, nella sanità e, più in generale, in tutti gli aspetti della vita sociale. «Una delle nostre sfide è quella di incentivare la presenza delle persone sorde a livello universitario e nei percorsi accademici: passo preliminare è, però, garantire un’educazione accessibile fin dalla scuola dell’infanzia con il ricorso a interpreti di Lis ed educatori specializzati» prosegue Cardinaletti.
In Italia, purtroppo, le esperienze di educazione bilingue sono ancora rarissime eccezioni, anzi, proprio le università hanno anticipato i tempi, sia per garantire pari diritti agli studenti sordi, che per promuovere la didattica della Lis. L’università di Catania, ad esempio, ha inserito la Lis come lingua triennale dal 2015 nel corso di laurea triennale in Mediazione linguistica e interculturale, mentre l’università Ca’ Foscari Venezia la prevede già dall’a.a. 2001/2002, come lingua di specializzazione di alcuni corsi; in questi anni sono stati formati oltre 1100 studenti a livello triennale e magistrale. Tantissimi giovani che, non solo hanno studiato la lingua e la cultura della comunità Sorda italiana, ma anche tutti gli aspetti relativi all’acquisizione dell’italiano in questa particolare situazione. «Molti di loro ora insegnano nella Scuola e come interpreti di Lis, grazie a una formazione specifica, che oggi, assecondando le direttive della Comunità Europea, si è ulteriormente strutturata in un corso di Laurea magistrale in interpretazione» racconta Cardinaletti.
Proprio le università hanno anticipato i tempi sia per garantire pari diritti agli studenti sordi che per promuovere la didattica della Lis.
Le attività generate dagli ex studenti stessi e i progetti di cui si sono fatti promotori mostrano un attivismo straordinario: è il caso dei laureati che da poco hanno fondato lo spin-off Veasyt, allo scopo di fornire servizi digitali per l’abbattimento delle barriere della comunicazione, grazie a video-audio-guide accessibili e a un servizio di video-interpretazione in Lis da remoto. Altre studentesse e laureate hanno fondato un’associazione, Lisabilità, che utilizza la Lis con bambini udenti con vari disturbi di comunicazione (autismo, sindrome di Down, disprassie, ecc.) per i quali l’uso della lingua vocale è (temporaneamente o definitivamente) impossibilitato.
«Quello di diffondere le enormi potenzialità della Lis, molto poco conosciute e sfruttate, interagendo con altre realtà, quali la Casa delle Luci di Roma, carica di molta responsabilità, perché è fondamentale la consapevolezza sulle possibilità che si aprono: a Ca’ Foscari siamo gli ambasciatori della Lis, non solo nel nostro Paese, ma anche all’estero» sottolinea l’esperta, ricordando che si sono iscritti anche studenti sordi, oltre che studenti figli di sordi. Le sfide in campo, per rendere la formazione universitaria pienamente accessibile agli studenti con disabilità uditiva, sono complesse. Tuttavia, non va trascurato che queste ragazze e ragazzi sono stati i primi a completare il ciclo di studi e la specializzazione nella propria lingua e, molto probabilmente, saranno i futuri ricercatori. «Siamo orgogliosi di aver assunto due collaboratori esperti linguistici (Cel) sordi nativi di Lis, che per primi in Italia insegnano la propria lingua all’università e hanno perfino collaborato alla stesura della prima grammatica di riferimento della Lis, pubblicata ad accesso libero dalle Edizioni Ca’ Foscari» rende noto Cardinaletti, aggiungendo che anche nell’organico dell’Ateneo di Catania da poco compare un esperto linguista sordo madrelingua di Lis. Con la preziosa collaborazione della Lega del Filo d’Oro è stato raggiunto, inoltre, lo straordinario traguardo di offrire un corso di Lis tattile, e di promuovere la comunicazione socio-aptica in Italia.
Dopo il riconoscimento della Lis, occorre ora un impegno preciso da parte delle istituzioni, anche per completare un netto cambio di prospettiva. «A tutti i professionisti sordi e udenti che lavorano con la Lis e con le persone sorde – interpreti, mediatori linguistici e culturali, assistenti alla comunicazione, docenti, docenti di sostegno – è necessario garantire una formazione universitaria di qualità, seguendo standard internazionali, come previsto per i professionisti di tutte le lingue vocali e come avviene in tutti gli altri Paesi» ricorda l’esperta. La piena dignità di questa lingua e della comunità che la utilizza, infatti, passa anche per l’equiparazione, formale e sostanziale, dei professionisti di Lis ai professionisti delle altre lingue. Qualunque percorso alternativo rischierebbe di svuotare, di fatto, il tanto atteso riconoscimento della Lis e di avvalorare un approccio assistenzialista alla sordità: un’involuzione che non possiamo permetterci.
Questo articolo è tratto da
Ombre e Luci n. 158, 2021
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